RECENSIONE Partiamo subito dal più grosso difetto di questo romanzo: è parte di una serie, e in quanto tale, elenca sin dalle prime pagine fatti e personaggi che le lettrici dovrebbero conoscere, e invece non conoscono, a meno che non abbiano letto i romanzi precedenti. Questo, a parere di chi scrive, è il primo e più grosso handicap di un romanzo che, nella sua linearità, avrebbe potuto risultare piacevole, ma che invece si segnala per la sua lentezza e, talvolta, anche per la sua prevedibilità.
La vicenda è semplice: la signorina Francesca Cahill, prossima alle nozze con Calder Hart, ricco industriale dal passato torbido, si trova a dover affrontare una (ennesima? pare di sì) indagine. Un serial killer uccide le giovani donne di un quartiere povero: si tratta per lo più di irlandesi con i capelli rossi che vivono tutte in una zona molto ristretta. Nella faccenda si trova coinvolta una giovane donna che la protagonista conosce (passaggio appena accennato) a causa di una precedente indagine e che ha una "simpatia" per il fratello di Francesca, a sua volta invischiato in una relazione con una arrampicatrice sociale.
Tra carenze della narrazione, date in larga parte dai riferimenti rapidi che l’autrice semina qui e là o alla gestione confusa di alcuni dialoghi, e scenate di gelosia di vari personaggi, si arriva alla conclusione con un deus ex machina che lascia un po’ perplessi. L’impianto narrativo è elementare e il racconto procede senza scossoni o climax particolari. In realtà prevale più l’aspetto “rosa” che quello “crime” in questo volume, anche per il fatto che nel romanzo sono presenti delle sottotrame che riguardano almeno altre due coppie. L’interesse della lettrice viene focalizzato più sui patemi d’animo della bella investigatrice che sul suo ruolo nella risoluzione del mistero come invece accade, ad esempio, nei romanzi di Deanna Raybourne. Anzi: alcuni personaggi maschili che dovrebbero essere dotati di fascino e acume sembrano buttati lì un po’ per caso; la descrizione dell’ambiente del quartiere povero è quasi inesistente, così come lo è quella della dimora e della buona società newyorkese di cui Francesca è parte. Non si può chiedere a un “rosa crime” di avere come riferimento la Wharton e i suoi libri, ma almeno un setting adeguato, quello sì. La sensazione che lascia addosso Vittime del Peccato è quella di una buona occasione non sfruttata a fondo: il romanzo è godibile e permette di trascorre un pomeriggio senza pensieri, ma non aspettatevi un turn page o personaggi che vi rimangano nella memoria. Il livello è appena sufficiente, sia per approfondimento psicologico che per qualità della storia. Probabilmente, se la HM avesse scelto di pubblicare la serie sin dall’inizio, il giudizio su questo romanzo sarebbe stato diverso. Sta di fatto che il romanzo è scontato, che la sensualità si trasforma spesso in banalità e che, ahimè, l’Historical Crime in Italia continua ad essere maltrattato dalle case editrici specializzate.