Titolo: We are family
Autore: Fabio Bartolomei
Editore: E/O
Versione letta: cartaceo
Prezzo: disponibile in edizione economica a 10,00
Pagine: 240
Trama:
"Al Santamaria è un bambino prodigio, probabilmente il più grande genio del ventesimo secolo, colui che salverà il genere umano appena avrà risolto un problema più urgente: trovare una casa per la sua famiglia. Perché la vita dei Santamaria non è sempre facile, per la verità: uno specchio dell'Italia degli ultimi quarant'anni, sospesa tra voglia di riscatto e illusioni di grandezza, immobilizzata dall'incapacità di credere veramente in ciò che sogna. Al invece, tra mille difficoltà e prove potenzialmente distruttive, non ha cedimenti e costruisce pezzo dopo pezzo il suo mondo, con l'aiuto della sorella Vittoria, serial killer di animali domestici, e delle risorse della sua età. Risorse che sono illimitate perché lui, nemmeno lo sa, resterà bambino per tutta la vita"
Il mio pensiero:
In due parole è riassumibile in: " per fortuna che fra le firme italiane si trovano ancora autori così". Non avevo letto niente di Bartolomei prima di questo libro e me ne pento amaramente ma del resto ciò significa che ho la fortuna di leggere gli altri suoi titoli: "Giulia 1300 e altri miracoli", "La banda degli invisibili" e non vedo l'ora di leggere anche il libro di prossima uscita "Lezioni in Paradiso" che sarà disponibile dal 17 settembre. Al Santamaria è un personaggio fantastico, un bambino prodigio che fin dalla prima pagina, che dico, dalle prime due frasi riesce a conquistare il lettore. Almeno per me è stato amore a prima vista. E dopo poche pagine la capacità di Bartolomei di non risultare banale o pesante mi ha fatto pensare alla frase con cui riassumerei questa recensione. Man mano che la storia va avanti il punto di vista del bambino Al cresce e il lettore viene trasportato negli anni settanta, perfetta metafora di quella crisi che mette a dura prova le famiglie oggi, dentro gli originali meccanismi della famiglia Santamaria. Le brevi ma coincise analisi storico-politiche del bambino prodigio Al sono perle uniche, mi hanno fatto sorridere e mordere le labbra per l'amarezza. Il rapporto profondo con la sorella, l'idealizzazione dell'amore dei genitori, il mondo che si costruisce come una barriera protettiva per giustificare quello che manca: una casa vera per la famiglia Santamaria. Che poi anche la casa è una metafora, è il luogo in cui la famiglia si riunisce, è il rifugio. E' un romanzo denso ma che vi assicuro si legge con una facilità incredibile. Io sono arrivata alla fine sicura che niente potesse più sorprendermi dopo tutte le situazioni a volte paradossali che si susseguono nel romanzo, invece l'autore è riuscito a regalare ai suoi lettori un finale inaspettato. Insomma se vi piacciono i libri del genere commedia all'italiana, ironici e per niente banali, non potete perdervi questo libro. Mi sento di consigliarlo, come faccio con chi viene nella mia libreria, ma sono curiosa di sapere che cosa ne pensate voi. L'avete letto?
"Vedi, Dario, lì fuori succedono cose strane... Il Partito Comunista sta organizzando il suo congresso nel Pala Trussardi, capisci? Si tollera che i vescovi, cittadini di uno stato straniero, consiglino agli elettori italiani di votare per la DC, altrimenti fanno peccato e Dio si dispiace. I confini servono, credimi, altrimenti sei obbligato ad accettare tutto. Con un confine ben delineato puoi decidere cosa far entrare nel tuo mondo e cosa no. E poi sono stati loro a iniziare"
Eccouna delleanalisi storico-politiche di Al Santamaria sono disseminate quà e là nel romanzo e non ho potuto fare a meno di sottolinearle. Al è un bambino prodigio, Al è un giovane diverso dai suoi coetanei perchè non accetta tutto quello che il mondo gli propina senza un confine, un filtro personale ovvero la sua capacità di ragionare. E poi non ho potuto fare a meno di cogliere alcune analogie con la situazione politica odierna.