Tutto comincia con l’ingiunzione a pagare di cui si diceva. La tredicenne Lili, che ama riamata il suo Hagen, sarà costretta a distaccarsene e a vederlo abbandonato per strada, giacché il babbo suo non ha nessuna intenzione di versare per lui la tassa. Il film segue da questo punto i due tracciati narrativi, Lili che cerca di ritrovare il suo Hagen, Hagen che cerca di tornare a casa da lei. Ma prima che il ricongiungimento avvenga ne vedremo di ogni. Genialmente e spudoratamente, Mundruczó ricicla e rivisita almeno due archetipi cinematografici dei più popolari e persistenti, il Torna a casa Lassie con Elizabeth Taylor ragazzina ansiosa di riabbracciare il suo amico dal lungo pelo biondo e il disneyano La carica dei 101, con la guerra dichiarata dalla malvagia predatrice Crudelia ai poveri dalmati. In White Dog le Crudelie Demon sono i pessimi soggetti di cui il povero Hagen finisce schiavo, prima un homeless che lo sfrutta, poi un delinquente che ne fa un animale da combattimento attraverso un addestramento-tortura. Fino alla minaccia di sterminio finale nel canile-lager, e chissà se si allude in queste agghiaccianti sequenze all’Ungheria del periodo bellico dove, per opera dell’azione congiunta di tedeschi occupanti e locali Croci frecciate, si produsse una delle pagine più nere della Shoah. Hagen da pacifico cane qual era con Lili si trasforma dopo tante vagare e penare in una feroce macchina da combattimento pronto a tutto pur di sopravvivere, e come lui centinaia, migliaia di cani, che si coalizzeranno in una legione ululante impadronendosi delle strade di Budapest, tramutandosi da schiavi e prede in cacciatori degli umani nemici. Con un finale aperto e sospeso, che ovviamente non dico. Quella muta urlante che sembra inseguire una ragazzina in bicicletta affiora qua e là in tutto il film, come un incubo, un ammonimento, un avvertimento, quale emersione dell’inconscio e ritorno del rimosso, creando un senso di rischio e minaccia. E solo alla fine lo spettatore capirà e riuscirà a connettere i fili della narrazione. In fondo, White Dog è un grande racconto popolare di impronta populistico-ottocentesca, o primonoventesca, con oppressori e oppressi chiaramente divisi e riconoscibili, in una visione senza sfumature un filo grossolana, ma che permette al film di raggiungere, nelle scene della rivolta e dell’invasione della città, un’intensità indiscutibile. Eroicamente, il regista non ha voluto ricorrere al digitale, e dunque massimo rispetto. Tutto è girato con cani veri, e per Hagen se ne sono alternati due, quasi uguali, Luke e Body, puntualmente creditati accanto agli attori umani.
Recensione: ‘WHITE GOD – Sinfonia per Hagen’. E i cani fecero la rivoluzione
Creato il 18 aprile 2015 da LuigilocatelliPotrebbero interessarti anche :
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