Ricordate quanto abbia amato di James Lecesne? Auggie, il protagonista di Wonder, ne è a modo suo l'erede, uniti da quel filo invisibile che tiene insieme due vite differenti da quelle ordinarie e, proprio per questo, meravigliose da leggere. Ecco, tanto quanto vi continuo a consigliare il primo, da oggi aggiungete alla lista pure questo.
di R.J. Palacio
EDITORE: Giunti
TRADUTTRICE: Alessandra Orcese
ANNO: 2013
PAGINE: 288
È la storia di Auggie, nato con una tremenda deformazione facciale, che, dopo anni passati protetto dalla sua famiglia per la prima volta affronta il mondo della scuola. Come sarà accettato dai compagni? Dagli insegnanti? Chi si siederà di fianco a lui nella mensa? Chi lo guarderà dritto negli occhi? E chi lo scruterà di nascosto facendo battute? Chi farà di tutto per non essere seduto vicino a lui? Chi sarà suo amico? Un protagonista sfortunato ma tenace, una famiglia meravigliosa, degli amici veri aiuteranno Augustus durante l'anno scolastico che finirà in modo trionfante per lui. Il racconto di un bambino che trova il suo ruolo nel mondo.
So di non essere un normale ragazzino di dieci anni. Sì, insomma, faccio cose normali, naturalmente. Mangio il gelato. Vado in bicicletta. Gioco a palla. Ho l'Xbox. E le cose come queste fanno di me una persona normale. Suppongo. E io mi sento normale. Voglio dire dentro.
Ma so anche che i ragazzini normali non fanno scappare via gli altri ragazzini normali fra urla e strepiti ai giardini. E so che la gente non li fissa a bocca aperta ovunque vadano.
Se trovassi una lampada magica e potessi esprimere un desiderio, vorrei avere una faccia così normale da passare inosservato. Vorrei camminare per strada senza che la gente, subito dopo avermi visto, si volti dall'altra parte. E sono arrivato a questa conclusione: l'unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi considera normale.
Ma in un certo senso posso dire che ormai mi sono abituato al mio aspetto fisico. So come fingere di non notare la faccia che fa la gente [...]
Mi chiamo August, per inciso. Non mi dilungo a descrivere il mio aspetto. Tanto, qualunque cosa stiate pensando, probabilmente è molto peggio.
Potrei semplicemente dirvi che il titolo è il perfetto riassunto di questo romanzo, e sarei soddisfatta, perché, seriamente, lo è. La storia di Auggie e di tutte le stupende persone che lo circondano è una meraviglia da leggere, che commuove e che, a mio parere, deve essere letta almeno una volta nella vita, perché nella sua semplicità arriva dritta al cuore, colpisce nel punto giusto e non so, credo scateni qualcosa, qualcosa che fa guardare alcune cose, alcuni libri anche, in modo differente. Che è un po' la cosa che rende un libro un ottimo libro, dal mio punto di vista. Uno di quei libri che, avessi un figlio, sarebbe senza dubbio tra quelli che gli consiglierei. Perché Wonder è delicato, delicatissimo nel trattare un tema non semplice, farlo nel modo opportuno per esser letto da dei bambini, ma senza nascondere niente, perché la vita, le reazioni della gente, la cattiveria sono reali, ne siamo circondati ogni giorno e sono così vere che ci si sente coinvolti, ci si chiede quale sarebbe stata la nostra reazione nel trovarsi davanti Auggie e quel suo volto particolare che spaventa i bambini, inorridisce gli adulti. Spiazza.
La vita, difatti, con August Pullman, non è stata giusta né gentile, neanche un po'. Nato con la sindrome di Treacher-Collins, che, detto in parole povere, deforma il viso in maniera tale da far scivolare giù occhi e zigomi e non far sviluppare completamente le orecchie - tanto per citare alcuni aspetti - ha da sempre studiato a casa, perché le numerose patologie che lo affliggono richiedevano costante attenzione, e le uniche facce amorevoli che conosce sono quelle della sua famiglia e dei medici che negli anni l'hanno operato e preso a cuore. Non è semplice, insomma, essere Auggie, non è proprio per niente facile ritrovarsi improvvisamente a frequentare la prima media. Non lo è per nessun bambino, credo siano gli anni più orribili che io abbia mai vissuto e mai vorrei tornarci, ma per Auggie lo è in maniera esponenziale. Perché lì, a scuola, è solo. Solo di fronte allo scherno dei ragazzini che per sentirsi grandi lo usano come valvola di sfogo, a quelle occhiate che prima venivano abbattute da Via, sua sorella, a quella gentilezza inaspettata che sa essere in alcuni casi una forma di riguardo, di pietà. Auggie è solo e a volte la sua meravigliosa ironia non basta, a lasciar scorrere tutto via. Alcune volte servono la bontà, quella genuina, e l'amore che prescinde la forma fisica, quegli amici veri che scelgono di stargli accanto perché comprendono quel che è, l'adorano proprio per quello.
"Dormi, tesoro... ti voglio tanto bene".
"Anche io ti voglio tanto bene, mamma".
"Buonanotte, tesoro" mi ha detto pianissimo.
"Mamma, Daisy è con la nonna adesso?"
"Credo di sì".
"Sono in paradiso?"
"Sì".
"Le persone hanno lo stesso aspetto, quando vanno in paradiso?"
"Non lo so. Non credo".
"Ma allora come fanno a riconoscersi?"
"Non lo so, tesoro" sembrava stanca. "Lo sentono e basta. Non si ha bisogno degli occhi per amare, giusto? Lo senti semplicemente dentro di te. E in paradiso è così che funziona. È soltanto amore, e nessuno dimentica le persone che ha amato".