Recensione: Zero Dark Thirty

Creato il 11 marzo 2013 da Mattiabertaina


Genere: Documentario/Guerra

Regia: Kathryn Bigelow

Cast: Jessica Chastain, Jason Clarke, Joel Edgerton

Durata: 160 min

Distribuzione: Universal Pictures

 
Dopo il notevole risultato raggiunto con “The hurt locker” la regista premio Oscar Bigelow torna ancora una volta a raccontare la Storia. Una caccia all’uomo senza precedenti, senza tregua e soprattutto senza regole. Un’ossessione diventata tale dopo i noti fatti dell’11 settembre che hanno visto mettere l’eliminazione dello sceicco Osama Bin Laden in cima alle priorità dell’intelligence e del governo a stelle e strisce. Jessica Chastain, che intepreta Maya, l’agente alla quale va maggiormente attribuita l’incredibile mole di lavoro che ha poi portato alla cattura del terrorista, si cala in una parte dura, complessa. Ha dichiarato di aver accettato il ruolo dopo aver letto la sceneggiatura ed essere stata rapita e colpita da questa donna della CIA, talmente volitiva e determinata da sembrare a tratti un uomo, disinteressata agli affetti, ad una famiglia, ai rapporti interpersonali. L’ossessione è anche la sua, il lavoro che le ha portato via 12 anni di vita, tra Pakistan e altri Paesi canaglia, una lotta senza fine, senza compromessi, mai prona ai giochi di potere che troppe volte fanno sfumare obiettivi importanti. La regia è della massima precisione; la Bigelow si sposta con la perizia di un bisturi, portando sullo schermo quello che è da sapere, tenendo altissima la cura del dettaglio, del linguaggio, delle dinamiche politiche e storiche, senza mai esagerare o deficiere. A poco valgono le polemiche sul primo tempo che riporta (molto realisticamente) le torture alle quali erano sottoposti i terroristi finiti nelle maglie della CIA; la macchina da presa è tagliente, ma allo stesso tempo umana. La Chastain, pur essendo quasi “asessuata” ha un suo fondo di femminilità preferendo spesso la strada del dialogo e della mediazione in luogo delle pratiche di water-boarding e delle percosse. Nella narrazione della Bigelow non c’è nulla di apologetico e non c’è nulla di diffamatorio. La storia è lì sullo schermo, per i giudizi non c’è (forse) spazio. Maya intraprende giovane un viaggio che non sarà soltanto un percorso professionale e “di Stato” ma la caccia la plasmerà soprattutto come donna. La scena della cattura dello sceicco è sostenuta con grande perizia e il pathos infuso dalle scelte registiche mantiene altissima la tensione e la suspense.
È un prodotto difficilmente reperibile nelle sale e rappresenta un pezzo di storia da vedere e rivedere.
M.B.
Voto: 4 su 5



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