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La recensione di Sara: Terzo capitolo del ciclo di Bigend , Zero History inaugura la nuova collana Chrono, di Fanucci Editore, dedicata alla fantascienza. William Gibson, esponente esemplare del filone cyberpunk attuale, propone nel suo romanzo uno scenario distopico in cui le tecnologie hanno preso il sopravvento mutando radicalmente la vita umana in tutti i suoi aspetti. Protagonisti della storia sono Hollis ex cantante di un gruppo black metal e Milgrim ex tossicodipendente ancora alle prese con i danni recatigli dalle benzodiazepine e dalle sue nevrosi. I due vengono assoldati da Bigend, esperto di marketing globale che vuole a tutti i costi scoprire chi si cela dietro il noto marchio d’abbigliamento Gabriel Hounds. La casa di moda prende nome da un gruppo musicale o da un libro, scegliete quello che più vi piace, come quasi tutto nel mondo di Zero History. È per questo che i nomi che siano di cd, libri, gruppi musicali, non hanno più alcuna rilevanza. Bigend ha interesse ad arruolare il responsabile della Gabriel Hounds per un progetto illegale: ideare uniformi per l’esercito statunitense in Inghilterra e rivenderle in America. Ad affiancare Hollis e Milgrim ci sarà anche Heidi, batterista dei Curfew, dall’aspetto darkeggiante e dal dente avvelenato per colpa del suo ultimo uomo. Se da un lato ci sono loro, dall’altro non possono che esserci i cattivi, o meglio, i più cattivi che tenteranno di manipolare Bigend coinvolgendolo in un traffico d’armi dall’aria più losca che mai. L’odore che si respira tra le pagine di questo bellissimo romanzo sa di cattiveria e delusione, di amarezza e marcio, di quanto peggiore possa esserci sulla faccia della terra. Niente va per il verso giusto, nessuno vuole il bene di qualcun altro, solo interessi personali, affari e finzione. In un mondo dove la tecnologia imperversa e compromette i rapporti umani nulla è quello che appare, tutti indossano una maschera e quello che c’è sotto non è sempre piacevole da scoprire. Hubertus Bigend è un uomo meschino che tiene i suoi in pugno. Milgrim non ha modo di scappare, Bigend gli ha permesso di disintossicarsi dagli psicofarmaci in una costosa clinica svizzera e ora lui deve ripagarlo. Ma c’è davvero qualcosa da dare in cambio? Bigend l’ha davvero aiutato a guarire o il crittografo si sta solo illudendo di essere diventato normale? Milgrim continua ad avere le sue nevrosi, le sue manie, le psicosi sono parte di lui e probabilmente non lo abbandoneranno mai, strane pillole senza nome gli si infilano giù per la gola senza presentarsi e senza chiedere permesso. Milgrim non si sente adatto ma si sente in debito nei confronti di una società che, finora gli ha solo sputato in faccia. Hollis e Heidi non sono da meno, hanno abbandonato la loro passione per la musica sperando in qualcosa di più serio e costruttivo ma, tutto quello che sono riuscite a raccogliere, è stato un bagaglio di delusioni e tanta amarezza. Hollis è forse il personaggio più carismatico e meno disadattato rispetto agli altri, Heidi invece è la ragazza che si nasconde dietro un velo d’acciaio per non rischiare di farsi male più di quanto non se ne sia già fatta. Periodicamente si rifugia sul fondo di una bottiglia di whiskey cercando di dimenticare le sue sconfitte. Le ambientazioni e i dialoghi ricordano spesso classici cinematografici come Matrix o Blade Runner senza però diventarne caricatura o peggio imitazione, la somiglianza rimane solo un tributo che non può che far piacere agli amanti del genere. Zero History è sicuramente uno dei migliori libri di fantascienza pubblicati negli ultimi anni, degno di nota per stile narrativo, originalità della trama e impegno sociale.