Guido Quetti è un ispettore di polizia. Collaveri ce lo presenta immerso nel disbrigo di noiose mansioni burocratiche. Un’inattività ben presto rotta dall’inaspettato riemergere di un fantasma del passato. Tutto ciò che seguirà lo vedrà proiettato in un mondo a lui alieno, in una città che resterà anonima, indefinita, e che non farà altro che accrescere l’alone di mistero di cui è pregno l’intero romanzo.
Ma questo cambio di tono non fa altro che rafforzare il mutamento altrettanto repentino ed inesorabile dell’ispettore. Da poliziotto istituzionale egli diventerà detective privato. Un’evoluzione che rispecchia le più intime sfere dell’inconscio. Perché il fantasma tornato dal passato è Silvie, un’amica di infanzia che ha il turbante potere di rievocare i suoi affetti, tragicamente scomparsi.
Anime Assassine è quindi, più di ogni altra cosa, un romanzo introspettivo. Il mondo in cui Quetti si inabissa è un ritorno al passato, alla riscoperta di sensazioni ormai sopite, alla riconquista di quel sentimento puro, d’affetto e d’amore. E la rivalsa di tali nobili emozioni risulta ancor più efficace, grazie alla sagace scelta del contesto entro cui far muovere i personaggi. Le rudi pratiche sessuali, il sesso facile e la dissacrazione del corpo stonano enormemente con la candida dimensione dell'ispettore. Come un pesce fuor d’acqua egli si muove tra locali notturni in cui si inscenano performance di bondage, ville lussuose in cui si dà libero sfogo ai ferini istinti in orge scatenate (che rimandano ai luoghi di Eyes Wide Shut), chiese sconsacrate in cui si svolgono culti satanici e studi fotografici in cui il corpo della donna trova il punto estremo di mercificazione.
Allo stesso modo Silvie è aliena a questo mondo. Pur perfettamente immensa in questo sistema, se ne discosta risolutamente. Ecco che Quetti e Silvie trovano la loro unione in una condivisione di valori, nettamente in contrasto con il contesto in cui si muovono.
In quest’ottica, le azioni dei due eroi assumono la valenza di una vera e propria crociata. Scoprire l’assassino, smascherare il male e sconfiggerlo, questa è la loro missione.
Un’analisi che trova forza proprio negli elementi caratteristici della narrazione e della costruzione dei personaggi che attua Collaveri. Guido Quetti, infatti, è un degno erede di quei detective dell’hard boiled americano: consumatore compulsivo di sigarette e assiduo tracannatore di superalcolici. Ma l’elemento che più lo accomuna alla serie più tipicamente noir è la tipologia di investigazione che si ritrova a dover svolgere. Un’investigazione che lo discosta dal suo istituzionale ruolo super partes, ma che lo coinvolge direttamente. Una coincidenza quindi tra soggetto investigante ed oggetto investigato. Una coerente ed efficace riproposizione di logiche noir in chiave moderna. Dove l’elemento fortemente attuale è proprio questo complesso universo del sesso estremo. Violenze e perversioni che corrono su un filo, perché puro gioco sessuale, ma in bilico su un abisso in cui, chi troppo osa, può correre il rischio di essere inghiottito per sempre.
Il compiacimento voyeuristico nell’assistere alle sofferenze altrui, trova oggi il suo risvolto degenerato nello snuff movie, ed il confine tra messa in scena e realtà diventa progressivamente sempre più indefinibile. E Guido Quetti, nel romanzo di Diego Collaveri, assurge proprio ad una funzione propugnatrice di ritorno ai sentimenti più autentici, ad un rispetto per il corpo e per l’anima.
Un romanzo dalla forte simbologia e di semplice lettura. Da leggere assolutamente.
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