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Pubblicato daGarzanti
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Genere:Classici
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La trama:
Ragazzi vita non ha una vera trama , ma è un collage di spaccati di vita delle borgata romane negli anni del dopoguerra. Si parte col raccontare di Riccetto, ma il circolo si allarga ai compagni di mascalzonate e ruberie tra le acque del Tevere, il lido d’Ostia e in generale quindi l’acqua, principio archetipico della purezza. C’è infatti del puro in questi ragazzi: Riccetto, Amerigo, Caciotta, Lenzetta, Alduccio, Begalone, Genesio e Piattoletta. L’ordine sembra essere onirico, come sottolinea il critico Fortini, e non c’è sostanza psicologica dinamica, ma “ affabulazioni gergali”.
Parlavo di dimensione onirica che conferisce all’opera un vitalismo peculiare, che è proprio quello dei ragazzi vita che rispondono solo ai bisogni primordiali: fame, sesso e denaro, continuamente conquistato illecitamente e poi perso, tra fango, urina e acqua. Il testo pubblicato nel 1959 è insieme a Vita violenta uno degli esiti più significativi del neorealismo italiano. Presente massicciamente lo sperimentalismo linguistico , in cui la nuova lingua impastata di gergo romanesco risulta uno strumento ben equilibrato per descrivere l‘ambiente del sottoproletario delle borgate romane. A questa Pasolini affida un compito rilevante: quello di salvare una realtà tradizionalmente negletta alla quale egli si sentiva visceralmente legato, sia da un punto di vista passionale che ideologico. Utopia? Forse, ma per lo scrittore è “un atto di amore” verso una dimensione disdegnata, che invece ha risorse non psicologiche, ma vitali che sarebbero andate disperse. Il tutto senza nessuna concessione ad orpelli estetizzanti. Il testo sacro del neorealismo narra il girovagare dei giovani corpi che cercano di dissetare la loro ansia di vita gettandosi in avventure vissute con gogliardìa. disprezzo per la borghesia, sessualità consumata con esuberanza amorale. Siamo in un mondo nel mondo, una realtà di cui non si può tacere: quella di chi cerca di sbarcare il lunario tra miseria e spirito di sopravvivenza; una realtà che ci è più vicina di quanto possiamo immaginare, proprio oggi in cui la povertà e la disoccupazione sono il cancro di una società in disfacimento.
I giovani non sanno nemmeno cosa siano le istituzioni, si raccontano amplificandole le proprie bravate, fanno sesso in gruppo con le mignotte , eppure nel fondo hanno la purezza e l’autenticità del primitivo, tant’è che Riccetto quattordicenne mette a repentaglio la sua via nel Tevere per salvare una rondine che sta affogando. Su tutti si sente pendere la spada di Damocle di una morte prematura, una morte annunciata e rincorsa “ corteggiata e amata di un torbito e si direbbe sensuale amore”: “ Verrà la morte e avrà i tuoi occhi/ questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera,insonne, /sorda , come un vecchio rimorso/ o un vizio assurdo”. ( C. Pavese 1950). I ragazzi ,vivendo in una condizione border, sono sempre vicini alla morte e la maggior parte difatti muore per le cause più variegate: crollo della scuola, annegamento nel Tevere, suicidio, rogo e così facendo salvano la loro purezza istintiva aliena da qualsiasi sovrastruttura sociale o intellettuale. Ma il tempo passa e così Riccetto si fa prendere dai meccanismi borghesi, dal desiderio del benessere, l’altra faccia di questo sporco mondo, subendo una involuzione valoriale, se così si può dire. Tant’è che proprio lui che aveva rischiato la vita per salvare una rondine, non va a far visita a Marcello morente e gli altri lo fanno più per curiosità che per affetto.
Pasolini, trasferitosi a Roma con la madre, queste borgate le frequenta , si aggira stupefatto e smarrito in quel mondo violento e ingenuo : “Roma nella mia narrativa ha quella fondamentale importanza in quanto violento trauma e violenta carica di vitalità, e cioè esperienza di un mondo e cioè in un certo senso del mondo”.Un mondo ossessivo-compulsivo i cui motori sono fame, soldi, sesso, in cui non c’è mai noia, ma iperattività bestiale e primitiva. Un mondo da cui veniamo attratti e respinti, ma di cui apprezziamo senz’altro la naturalezza del sopravvivere lontani dai meccanismi che governano le umane convenzioni sociali. Un libro che ho riletto per voi a distanza di trentacinque anni e che non mi stancherò mai di leggere perché si avverte tutto l’amore dello scrittore per la realtà dei diseredati.
“ Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s’era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia con canzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare”.