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Recensioni film:Umberto D. di Vittorio De Sica

Creato il 02 giugno 2011 da Cavaliereoscurodelweb
Umberto D. by ZILDA
Umberto D. è un film del 1952, scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini, diretto da Vittorio De Sica.
La recensione è tratta da Wikipedia:
Trama
Roma. Un corteo non autorizzato di pensionati, i cui cartelli recitano «Aumentate le pensioni. Abbiamo lavorato tutta una vita», viene fatto sgomberare dalla polizia, e alcuni anziani inseguiti si nascondono nell'atrio di un edificio. Fra loro c'è Umberto Domenico Ferrari, per trent'anni funzionario al Ministero dei Lavori Pubblici, e ora pensionato con 18.000 lire al mese.
A mezzogiorno, Umberto va alla mensa dei poveri, e poi vende il suo orologio per 3.000 lire, per poter pagare l'affitto. Tornato a casa, trova la sua camera in affitto occupata da una coppietta cui la padrona ha subaffittato la stanza, mentre lui non c'era. Si lamenta e la padrona di casa lo minaccia di sfratto se non le paga gli arretrati. Umberto, rimasto solo in cucina con la giovane serva Maria, con cui è in confidenza, e la donna gli rivela di essere incinta, e che non sa chi sia il vero padre: entrambi i suoi due innamorati, un soldato di Firenze e uno di Napoli, negano. Umberto rimane solo con il suo unico amico, il cane Flaik. La padrona intanto rifiuta le tremila lire, e lui esce, vende alcuni libri, e gliene offre cinquemila, ma la donna rifiuta ancora, continuando a pretendere l'intero ammontare. Febbricitante, l'uomo si corica a letto. Il giorno dopo si fa trasferire in ospedale. Lì si fa venire a trovare da Maria e da Flaik, e spera in un'altra settimana di ricovero per risparmiare sulla pigione e poter saldare il suo debito.
Quando esce dall'ospedale, lasciando l'indirizzo al suo vicino di letto (un giovane Memmo Carotenuto), scopre che è in corso la ristrutturazione del suo appartamento, poiché la padrona sta per sposarsi e vuole trasformare la sua stanza in un salotto per i ricevimenti mondani. Mentre cerca il cane, trova Maria in lacrime, abbandonata dai due militari, che non vogliono assumersi la responsabilità della paternità, peraltro incerta. In apprensione per Flaik, alla fine lo ritrova al canile appena in tempo per evitare che venisse soppresso insieme ad altri.
In giro per la città ritrova alcuni suoi vecchi amici e colleghi ora agiati pensionati, ai quali spiega la sua difficile situazione: tutti fingono di aver fretta di prendere il tram e nessuno lo aiuta. Dopo aver visto i soldi che riceve un mendicante, Umberto tenta di elemosinare, ma la sua dignità glielo impedisce. Prova allora a lasciare Flaik col cappello in bocca, nascondendosi dietro un colonnato, ma quando passa un commendatore suo conoscente, Umberto si vergogna e afferma che Flaik stava solo giocando.
Al ritorno nella sua stanza, devastata dai lavori in corso, Umberto si rassegna. Il mattino successivo prepara una valigia, saluta Maria e prende il tram. Vuole lasciare Flaik in una pensione per cani, ma capisce che i tenutari sono persone superficiali e materialiste che non amano gli animali e se ne va; tenta allora di donarlo ad una ragazzina al parco, ma la sua governante glielo impedisce. Ormai è deciso a suicidarsi gettandosi sotto un treno: nel tentativo di farlo tiene Flaik tra le sue braccia, il cane però intuisce il pericolo e terrorizzato scappa dalla sua stretta. Il treno passa, e Umberto si mette a seguire il cane che, persa la fiducia nel padrone, non ne vuole più sapere di andare da lui e si nasconde. Ma il vecchio gli tira una pigna per giocare, e dopo un po', il cagnolino non più impaurito, inizia a giocare. Riconciliatosi con la vita i due, insieme, si allontanano in un vialetto.
Curiosità sul film:
Carlo Battisti - che interpreta Umberto D. - era professore di glottologia all'Università di Firenze e insieme a Giovanni Alessio e ad altri collaboratori fu autore dell'importante Dizionario Etimologico Italiano (DEI, in 5 volumi, pubblicato negli anni 1950-1957); è questo il suo unico film. Si racconta che il professore si presentò al provino indossando due cravatte da quanto era emozionato
A proposito di questo film, Giulio Andreotti, all'epoca Sottosegretario allo spettacolo, scrisse su "Libertà": «Se è vero che il male si può combattere anche mettendone a nudo gli aspetti più crudi, è pur vero che se nel mondo si sarà indotti - erroneamente - a ritenere che quella di Umberto D. è l'Italia della metà del XX secolo, De Sica avrà reso un pessimo servizio alla sua patria, che è anche la patria di Don Bosco, del Forlanini e di una progredita legislazione sociale».
Maria Pia Casilio è un'altra attrice non professionista che, a differenza di Carlo Battisti, resterà nel cinema come caratterista. Viene pagata moltissimo per l'epoca, ben due milioni, che è lei stessa a pretendere senza essere consapevole della richiesta. Vittorio De Sica accetta perché la ritiene un volto importante per la sua storia e una presenza cinematografica interessante.
Nel 2008 il film ha visto un remake interpretato da Jean Paul Belmondo reduce da un devastante ictus. Il film, dal titolo Un homme et son chien, regia di Francis Huster ha recuperato il titolo originale del film, poi cambiato dalla distribuzione.
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