La mano di Thuluhc di Guido Sgardoli è uno dei paurosi ma divertenti racconti della serie Il Castello della Paura.
Questa volta il lugubre maggiordomo Alfred, con in spalla il fido e impertinente corvo Percy, ci introduce all’avventura dei fratelli Jason.
In una notte di terrore in cui, per vincere una scommessa, i coraggiosi ragazzi finiranno invece col vincere le loro paure, costretti ad aspettare l’alba in una vecchia casa abbandonata piena di arcane reliquie.
Un richiamo alle atmosfere lovecraftiane, dove i personaggi stessi ne evocano le suggestioni. Dalla chiara allusione al Cthulhu, la creatura mitologica ideata dallo scrittore di Providence, nel nome anagrammato del negromante Thuluhc, alla misteriosa identità del defunto proprietario della casa stregata: Rufus Algernon Dunwich, che richiama l’immaginaria città di Dunwich ideata sempre da Lovecraft e l’Algernon Blackwood, noto scrittore del sovrannaturale, tra i maggiori ispiratori di Lovecraft stesso. Modelli a cui Sgardoli rimanda dichiaratamente, anche per una certa ricercatezza estetica.
Un racconto che fonde però questi richiami ai classici con uno spirito d’avventura di più moderna individuazione, in quella tipica monelleria da Brat Pack generation dei film americani anni ’80. Un’elaborazione postmoderna di sicura presa sul giovane pubblico che, alla ricerca di avventura e terrore, troverà tutti gli ingredienti utili in questa storia.
Le peripezie assumono un ritmo sempre più incalzante, con un’alternanza di punti di visti tra dentro e fuori la casa, ad accentuare la suspense, fino a divertenti richiami a La famiglia Addams e agli ingegnosi trabocchetti da Mamma, ho perso l’aereo.
Un racconto da leggere, adatto sia ai giovani neofiti dell’horror che agli adulti alla ricerca di reminiscenze giovanili.
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