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- Pubblicato Tuesday, 13 May 2014 08:00
- Scritto da Andrea Schiavone
La porta dei cieli è un romanzo che ci proietta in un’avventura tra le suggestive aree monumentali romane e i territori ancestrali dell’uomo.
L’incipit alle peripezie nasce da un mito che riaffiora ed unisce la dimensione tangibile con quella ultrasensibile. Una storia sapientemente scritta, germinata dalla cultura e dalla passione dell’esordiente Stefano Dipino.
Ma i punti forza di questo romanzo sono rintracciabili anche e soprattutto nella struttura e nella scansione del racconto. Il lettore si trova immerso in una destabilizzazione perenne, in cui le situazioni mutano e si stravolgono fino a far crollare ogni certezza, sorprendendo sempre, ad ogni capitolo, con colpi di scena e contesti tensivi. Una soluzione quanto mai azzeccata, perché capace di farci immedesimare più efficacemente nello stato d’animo dei personaggi, in balia di una forza astratta e avvolti da misteri che, al ben cadenzato ritmo della penna di Dipino, si dipanano progressivamente, lasciando lo spettatore sempre col fiato sospeso.
In una tessitura di intrecci che si muove tra frequenti flashback e alternanza di punti di vista, i personaggi cambiano spesso faccia, spaziano tra bene e male, tra vita e morte, terreno e sacro. Elemento indiziale e speculare, secondo questa linea, è l’adozione di anonime maschere bianche da parte di una società segreta che ambisce a conquistare il mondo. L’impersonale camuffamento infatti accentua e favorisce le svolte e i colpi di scena, fino all’ultima esplosiva rivelazione.
Tutti i personaggi quindi sembrano nascondere un mistero, indossare in qualche modo una maschera, così come dietro le facciate di monumenti storici, sotto le affollate piazze cittadine, in fondo a buie cavità e negli apparentemente sicuri luoghi domestici si nascondono delle realtà impensabili e imperscrutabili.
Dipino mina ogni certezza, fino a rimettere in discussione i concetti di bene e male. Il tutto nella non casuale cornice di una fatiscente Roma, che sembra però dotata ancora di vita e di quel flato mistico a cui l’uomo, in contemplazione estatica, non può restare indifferente.
Lo scrittore sembra infatti cogliere sensibilmente quel fascino e quella forza che sprigiona il suolo capitolino, rendendolo forse il vero protagonista di questa storia.
Se quindi la semplice osservazione di uno tra i tanti monumenti storici di Roma è riuscita a stimolare un racconto così profondo, bisognerebbe prendere esempio e ricercare stimoli alla fantasia nella realtà che ci circonda che, come sembra suggerirci Dipino, nasconde delle verità che travalicano anche la più fervida immaginazione.
Un incentivo a riscoprire il mondo, a subirne il fascino e a viverne l’incanto. Da leggere!