In "Verrà il tempo per noi" c'è tutto il mondo di Gianni Gardon. L'amore per il calcio e quello per la musica (in particolare la musica degli adorati "Nineties"), entrambi fortificati e sostenuti da una profondissima conoscenza delle materie, e poi il forte impegno sociale: chi, come me, ha avuto l'opportunità di conoscere l'autore, sa che si tratta di elementi fondanti della vita del giornalista e scrittore veneto, che queste passioni le ha riversate con grande intensità emotiva nel suo romanzo d'esordio. "Verrà il tempo per noi" è un inno alla speranza di realizzazione umana e professionale, nutrita da giovani vissuti in un'epoca a noi vicinissima; è un affresco variegato e tutt'altro che banale di una delle fasi più delicate, movimentate, formative dell'esistenza di ciascuno di noi: gli anni che vanno dall'Università all'ingresso nel... mondo reale, quello in cui ai libri e al "cazzeggio" tra amici si sostituiscono le scelte e i problemi legati al lavoro, alla famiglia, in parole povere alla sopravvivenza quotidiana. I SOGNI DEI GIOVANI - Le esperienze di un gruppo di ragazzi della periferia senese si intrecciano profondamente, fino a diventare fra loro interdipendenti. Ad accomunare i loro cammini è l'anticonvenzionalità delle rispettive aspirazioni: lungi dal concepire la possibilità di approdare a una vita adulta "classica", fondata su mestieri "normali", tutti sognano un avvenire fuori dagli schemi: c'è chi... studia da calciatore, chi desidera un futuro da popstar, chi progetta l'apertura di un music - pub in puro stile Irish. A pensarci bene, si tratta, in linea di massima, dei "sogni proibiti" di una larga percentuale dei giovani di quella fascia di età, con le ovvie varianti legate ai diversi contesti storici.
Nella fattispecie, la vicende qui narrate sono collocate fra la seconda metà degli anni Novanta e i primi Duemila. Il dettaglio temporale è importante soprattutto per ciò che concerne il taglio musicale del romanzo: i protagonisti sono quasi tutti appassionati consumatori ed esperti del pop rock dei loro tempi, ed ecco quindi che le pagine del libro paiono a tratti quasi un'enciclopedia delle sette note: innumerevoli le citazioni di band del periodo, commerciali e di nicchia, popolari per lungo tempo o durate lo spazio di pochi anni, ma tutte in qualche modo destinate ad esercitare una suggestione e un fascino (non sempre positivi) su questo gruppo di giovani.
RAGAZZI DEL DUEMILA - Musica, dunque, in primo piano quasi quanto i personaggi in carne e ossa delle vicende narrate. La musica del tempo a far da sfondo e sottofondo al crogiolo di speranze, illusioni, sogni e ambizioni di Johnny e Ricky, di Michele e di Claudio, di Ketty e di Valeria, giovani già proiettati nel ventunesimo secolo perché con una visione del mondo e del loro futuro dagli orizzonti decisamente ampi, a volte internazionali, per i quali la provincia italiana in cui vivono risulta decisamente stretta. Ma "Verrà il tempo per noi" non è solo il racconto della "tensione positiva" verso il domani di ragazzi dal vivace e ricco mondo interiore: è anche un percorso di crescita con tutti i crismi, accidentato e irto di ostacoli, ispido, costellato di esperienze amare, complesse, di aspri conflitti familiari e persino di eventi autenticamente tragici. E' "vita", insomma, nel senso più pieno del termine, perché vita vuol dire guardare all'avvenire con mentalità propositiva e con voglia di vincere sfide affascinanti, ma significa anche sfogliare un libro fatto di pagine dure, che possono lasciare ferite eterne eppure fortificare.
SENSIBILITA' SOCIALE - In quest'ultimo aspetto meno giocoso dell'opera viene fuori la sensibilità sociale dell'autore, che tratta con estrema delicatezza temi quali la violenza sessuale, il disagio minorile, i disturbi psichici, l'elaborazione del lutto e la rinascita dopo essere stati a un passo dalla morte: una sensibilità che tuttavia non va a discapito dell'esauriente trattazione di questi aspetti, realizzata senza attingere a un repertorio di dettagli troppo crudi che sarebbero parsi fuori luogo in un romanzo come questo, romanzo che pur nelle sue ambizioni di analisi "socio - generazionale" rimane comunque ancorato a una certa leggerezza di fondo nella narrazione, leggerezza che non è, però, sinonimo di vacuità.
PICCOLI DIFETTI - Gli elementi positivi di questa opera prima superano dunque ampiamente quelli negativi, che possono ridursi essenzialmente ai seguenti: 1) I dialoghi fra i ragazzi protagonisti paiono a volte un po' artificiosi: questi giovani imberbi parlano spesso come dei veri e propri "libri stampati": un linguaggio un po' più naturale e spontaneo, diciamo "imperfetto", vicino alle modalità espressive della gioventù, avrebbe ulteriormente accresciuto il realismo dei fatti narrati. 2) Si diceva che le vicende dei ragazzi sono tutte profondamente connesse fra di loro, un intreccio indubbiamente funzionale allo sviluppo dei temi proposti: tuttavia, in un caso si sono forse... stretti un po' troppo questi legami narrativi. Nel finale, un momento già di per sé altamente drammatico come l'incidente di Claudio va ad incrociare un altro evento tragico che, sinceramente, mi è parso abbastanza forzato, andando oltretutto a colpire duramente due personaggi che già avevano subito fin troppe offese dal destino.
Ecco, adempiuto anche al mio dovere di... critico inflessibile, posso però dire con onestà che questi piccoli difetti non intaccano la sostanziale bontà dell'esordio letterario dell'amico Gianni, abile a trasferire su carta i chiaroscuri di una fase della vita a cui tutti noi, in fondo, resteremo per sempre legati, ma anche un'epoca storica, quei benedetti - maledetti anni Novanta, che ha segnato interiormente sia lui che me. Bravo Gianni, dunque, e ora sotto col secondo romanzo!