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- Pubblicato Tuesday, 23 December 2014 16:00
- Scritto da Chiara Borloni
Se siete alla ricerca di una lettura diversa dal solito, e che vi lasci qualcosa anche parecchio tempo dopo averla terminata, l’ultima fatica di Alessandro Manzetti sarà pane per i vostri denti. Ma attenzione: quello che leggerete non vi farà sentire meglio, e vi rimarrà incollato all’anima a lungo, lasciandovi con svariati dubbi ma anche con altrettanti spunti di riflessione.
Partiamo da prima dell’inizio, ovvero dalla genesi di questa raccolta in versi liberi, che, come dichiara l’autore stesso, è stata scritta originariamente in inglese: perché la scelta di questa lingua? Al di là dell’evidente omaggio al maestro H.P. Lovecraft, che non disdegnava la poesia come forma di espressione, e la cui eco risuona per tutta la durata dell’opera non solo nella forma ma anche nei contenuti, la lingua inglese si presta maggiormente, data la sua estrema sintesi e musicalità, alla forma poetica: proprio per questo un’edizione speciale di Scimmie Elettriche uscirà nel 2015 per il mercato anglosassone e per permetterci di godere di tutto quello che purtroppo la lingua italiana non consente di esprimere al meglio (soprattutto per quanto riguarda la Ballata del Marinaio Pazzo, liberamente ispirata a The Rime of the Ancient Mariner di T.S. Coleridge).
Ma veniamo al dunque. I sei racconti, perché di racconti si tratta, anche se potrebbero essere benissimo delle canzoni (in fondo le canzoni non sono le poesie dei giorni nostri?), sono ambientati dal primo all’ultimo negli Stati Uniti, o in un paese anglosassone comunque, a rinforzare il concetto espresso qualche riga sopra. Le parole chiave: alienazione e solitudine. Non esiste un solo personaggio di questi racconti a cui la vita arrida in qualche modo, anzi, la vita è una gabbia dalla quale solo la morte può liberarci. La nascita quindi, come nella bellissima quanto deprimente immagine della cornice vuota sul ventre anch’esso vuoto (e destinato a rimanere tale per sempre) della sorella dell’uomo ne La Scimmia dalla Testa Grande, è tutt’altro che un lieto evento. È semplicemente l’ingresso in un Inferno vivente.
Sola è anche la voce narrante de La Mezza Sposa, e solo è il protagonista di Eden Underground: quest’ultimo racconto è il più attuale dell’intera raccolta, e l’unico forse in cui si possono rispecchiare una miriade di persone, senza lavoro, senza donna, con i genitori non più in grado di badare a se stessi. Solo Eden, il cane, anche se passato a miglior vita da molto tempo, è un raggio di sole in questa valle di lacrime. Gli animali quindi sono immuni alle contaminazioni tipicamente umane dell’alienazione e della solitudine? No, purtroppo. Le Scimmie Elettriche che danno il nome alla raccolta (o protagoniste della title track, se preferite) soffrono esattamente quanto i loro alter ego umani, se non di più. Neanche il potere usualmente benefico della musica riesce ad alleviare le sofferenze di queste creature, anzi, serve solamente a coprire le loro grida.
Ne La Ballata del Marinaio Pazzo, la dipendenza, la menzogna e l’incesto arrivano come arpie a corollario di questa carrellata di miserie (umane e non solo): a differenza dell’opera originaria di Coleridge, la punizione non porta al pentimento. Il marinaio, incarnazione della dipendenza e della Morte, non può che essere foriero di sventura e disperazione. Proprio la disperazione, ne Il Negozio di Pegni, è ciò che spinge Temperance (potremmo quasi dire un nome un programma, in questo caso) a sacrificarsi per redimere la figlia, ma il suo gesto sarà davvero risolutivo?
Solo in chiusura, con Il Re degli Scarafaggi, la Giustizia pare trionfare, eliminando (per sempre?) la corte mostruosa del protagonista e la sua scia di malvagità.
I dubbi esistenziali che questa opera fa emergere sono tanti, ma rimane una sola certezza: l’universo di Alessandro Manzetti è tutto da scoprire, e pur avendo alle spalle una già invidiabile produzione, avrà ancora molto da dire.