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- Pubblicato Monday, 23 June 2014 08:00
- Scritto da Andrea Schiavone
Terraluna è la colonia estrema di quel pianeta Terra ridotto ad “un polmone malato e rinsecchito, destinato a collassare”, ma è a sua volta un mondo in cui convivono eterogenei gruppi sociali, distribuiti sul territorio lunare per strati, condannati a fuggire dalla superficie per sottrarsi al diniego, alla legge o alla morte.
Quella di Daniele Picciuti è la visione di un mondo in cui organico e tecnologico sono fusi indistintamente, mentre la realtà sembra precipitare sempre più nel degradante oblio dell’autodistruzione. Un mondo sporco, cupo eppure patinato, come rivestito da una corazza metallica, e per questo ancor più artificiale, imperscrutabile. Perché Terraluna ambisce ad emanciparsi dalla letteratura di genere fine a se stessa, avvicinandosi a sottese tematiche che mettano in campo quesiti esistenziali, sull’identità (nell’accezione freudiana) e sull’anima (nell’accezione junghiana); dalle A. I. di Isaac Asimov alle entità aliene intelligenti e invisibili, trascese in raggi di luce, di 2001: Odissea nello spazio di Arthur C. Clarke.
Un’opera densa, che non trascura di mettere in campo anche, e soprattutto, questioni estremamente vicine a noi, seppur contestualizzate in un mondo futuristico, ma che nell’ottica catastrofista di Picciuti appaiono quanto più futuribili.
La frammentazione identitaria trova qui forza nella speculare tecnica narrativa che adotta lo scrittore. Terraluna è infatti una storia corale, un racconto a più voci che trova compimento e senso solo nell’assemblaggio di punti di vista differenti, di identità spesso in contrasto o agli antipodi. Una frammentarietà rispecchiata da quegli ibridi tra macchine e uomini che sono le A. I.
E secondo quest’ottica la narrazione non potrà non trovare il suo punto cardine nel processo investigativo, nell’emblematica ricerca di un qualcosa di enigmatico, che verrà immancabilmente a coincidere con la conquista di una ‘anima’ surrogale. Ed è qui che Picciuti arriva a lambire i più complessi concetti di etereo junghiano, muovendosi tra fantascienza robotica e gnosticismo. Il percorso investigativo di Fumiaki acquisterà la valenza di ‘ricerca della Verità’ e acquisizione di quell’elemento compensativo, culmine della sua progressiva evoluzione da macchina a umano. I chiari rimandi ad atmosfere e tematiche rintracciabili in Blade Runner e a quell’antica parola “Abraxas” carica di ambigue simbologie, hanno d’altronde proprio lo scopo di rafforzare questa linea di significato.
E come se non bastasse, l’esplicita denuncia ecologista e l’incombente minaccia razzista rappresentata dal gruppo della Nuova Etnia, lasciano trasparire anche una spiccata sensibilità di Picciuti a temi strettamente moderni.
Un romanzo insomma estremamente corposo, che attraverso archetipi e codici di genere riesce a penetrare in un nucleo carico di riflessioni filosofiche, coadiuvato anche da un ritmo narrativo serrato e scorrevole, e da una lucida e sensibile visione del presente.
Vivamente consigliato!
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