Recenti studi di psicologi e sociologi negli Stati Uniti e nel Regno Unito suggeriscono che, contrariamente agli stereotipi dei media tradizionali, quelli etichettati come "teorici della cospirazione", sono più razionali di coloro che accettano aprioristicamente la versione ufficiale dei fatti contestati. Inoltre, lo studio ha appurato che i cosiddetti “cospirazionisti” discutono il contesto storico (ad esempio, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy come un precedente per il 911) più dei negazionisti. […]
Entrambi questi risultati sono amplificati nel nuovo libro “Conspiracy theory in America” del politologo Lance DeHaven-Smith, pubblicato all'inizio di quest'anno dalla University of Texas. Il Professor DeHaven-Smith spiega il motivo per cui ai ricercatori ed ai cittadini non piace essere definiti "teorici della cospirazione". La dicitura fu coniata e promossa dalla C.I.A. per calunniare e diffamare le persone che non accettavano la 'verità' della Commissione Warren circa l’omicdio di John Fitzgerald Kennedy! "La campagna della C.I.A. per diffondere l'espressione 'teoria del complotto' nonché per rendere il tema della congiura un motivo di scherno e di ostilità deve essere riconosciuta, purtroppo, conme una delle più riuscite forme di propaganda di tutti i tempi".
DeHaven-Smith chiarisce anche perché coloro che dubitano delle “spiegazioni” ufficiali a proposito di gravi crimini sono desiderosi di discutere il contesto storico. Egli osserva che un gran numero di "ipotesi di cospirazione" si è rivelato fondato e che sembrano esistere evidenti concatenazioni tra gli innumerevoli "delitti di Stato contro la democrazia". Un esempio palese è il legame tra l’assassinio di John Kennedy e quello del fratello Robert. Secondo DeHaven-Smith, dobbiamo sempre discutere di "omicidi Kennedy", al plurale, perché le due uccisioni appaiono essere eventi drammatici di uno stesso disegno scellerato.
La psicologa Laurie Manwell della University of Guelph afferma che l’etichetta "teoria della cospirazione" ostacola la funzione cognitiva. Ella conclude, in un articolo pubblicato dalla rivista “American behavioural scientist” (2010), che i sostenitori delle versioni governative non sono in grado di pensare con chiarezza a causa della loro incapacità di elaborare le informazioni in conflitto con una preesistente convinzione. (E’ un esempio di dissonanza cognitiva, n.d.t.)
L'estrema irrazionalità di coloro che attaccano le cosiddette "teorie del complotto" è stata sapientemente esposta dai Professori Ginna Husting e Martin Orr della Boise State University. In un articolo referato dal titolo "Dangerous machinery: ‘conspiracy theorist’ as a transpersonal strategy of exclusion,” scrivono: "Se ti bollo come ‘teorico della cospirazione’, poco importa se sostieni che esiste una macchinazione o se hai semplicemente sollevato una questione che avrei preferito evitare. A causa dell’espressione ghettizzante, sei a priori esluso dal dibattito”.
Ora, però, grazie anche ad Internet, le persone che mettono in dubbio le storie ufficiali non sono più escluse dalla conversazione pubblica. La campagna della C.I.A. per soffocare il dibattito e la ricerca con l’espressione "teoria del complotto" è al capolinea. Gli studi accademici dimostrano che logica e razionalità sono caratteristiche di chi dubita delle ricostruzioni di regime.
Non deve quindi meravigliare che i negazionisti si rivelino sempre più come uno stuolo di paranoici, incapaci di distinguere la realtà dalle imposture governative.
Articolo originale: PressTv.ir
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