"recessione italia": ritratto di economia e societa' pericolanti

Creato il 23 maggio 2014 da Alessandro @AleTrasforini
La crisi economico-finanziaria ha prodotto, sta producendo e produrrà (per quanto?) danni incalcolabili al tessuto sociale italiano: enormi settori trainanti per il PIL hanno frenato e sferzato la propria corsa, le percentuali di crescita sono diventate irrisorie e/o negative, i controsensi e le disparità sociali di un intero Paese in tutti questi anni si sono ulteriormente radicalizzate.
Sono stati svolti processi su processi, quasi come fosse possibile attribuire tutte le colpe possibili al sistema "esterno" all'Italia: crisi causata dalla Germania, problemi italiani legati integralmente alle politiche di "austerità", [...].
Gli imputati e gli accusati sono stati cercati troppo spesso al di fuori delle "mura amiche": cosa accadrebbe se si dicesse di avere qualche nemico anche in casa? Le problematiche e le difficoltà pregresse, infatti, in uno Stato come quello italiano non mancano certamente: possono Italia ed italiani avere qualche colpa, magari non valutata e non adeguatamente ponderata?
Rispondere a questa domanda equivale a far svolgere al Paese intero (ed ancora di più alle classi dirigenti che ne hanno gestito le sorti) una sorta di immensa seduta psicoanalitica, nel tentativo di riabilitare e/o prendere piena consapevolezza di tutti i propri sbagli.
Alle molte domande simili a quella precedentemente citata cerca di rispondere il libro "Recessione Italia - Come usciamo dalla crisi più lunga della Storia", scritto dal giornalista economico Federico Fubini e pubblicato per iLibra da Editori Laterza-La Repubblica.
Inoltrarsi dentro complessi argomenti come questo presuppone la necessità di lambire argomenti (apparentemente?) distanti gli uni dagli altri:
"[...] Da quando l'Euro è iniziato siamo andati peggio degli altri.
Non può dunque essere colpa della moneta unica e delle sue regole, una condizione uguale per tutti, ma di una differenza italiana.
C'è qualcosa nella storia del nostro Paese che spieghi la sua debolezza? 
Si può scaricare la colpa sull'Europa, o sul rigore di bilancio o sull'assenza delle riforme chieste dalla Germania.
Ma un fattore passa spesso inosservato: le continuità del corporativismo di origine fascista spiegano molto di un fallimento di queste proporzioni.
Senza istituzioni economiche adeguate a questo secolo, ed élite politiche ed economiche consapevoli della sfida, il Paese non si riprenderà. [...]"
L'attuale crisi pertanto ha indubbiamente anche un insieme di cause attribuibili all'incapacità ed alla mancata consapevolezza italiana di adeguarsi all'inevitabile incedere del futuro (semplice ed anteriore). Come potrebbe fare la società italiana per prendere coscienza piena della grande serie di sfide che la coinvolgeranno negli anni a venire? La situazione attuale non sembra essere, purtroppo, da molto tempo delle più facili:
"[...] La storia a volte entra nelle rapide e allora tutto può succedere: si può finire contro le pietre, sul fondo di una cascata, o semplicemente si può arrivare alla foce prima e meglio. L'Italia da qualche anno è esattamente qui, nelle rapide.
Il ritmo è così vertiginoso che non solo è difficile prevedere il punto di arrivo, ma anche semplicemente rendersi conto di cosa sia appena successo. [...]
perché proprio noi? E perchè adesso? Ad eccezione della sola Grecia, non c'è un Paese che sia stato colpito così duramente dalla crisi finanziaria, economica e istituzionale della zona Euro. 
Nel doppio episodio recessivo della fase 2008-2013, il prodotto interno lordo dell'Italia è caduto del 9% in termini reali.
Più di quanto sia successo a Spagna, Portogallo o Irlanda, i quali peraltro sono stati costretti a chiedere varie forme di assistenza finanziaria alla comunità internazionale. [...]"
Dovrà pertanto essere necessaria una grande (auto)critica per contribuire seriamente all'uscita da questa crisi che, oltre ad essere economica, è anche culturale e comportamentale. Servirà una collettiva assunzione di responsabilità per arginare un'infinita serie di problemi, taciuti ed avvallati da classi dirigenti che non hanno platealmente saputo essere all'altezza del loro compito.
L'uscita dalla crisi sarà un processo articolabile, pertanto, attraverso una lung(hissim)a serie di passaggi: molti di questi dovranno essere votati al non rendere potenzialmente ciclici i fenomeni di recessione e stagnazione.
Ciclici per via dell'incompetenza e dell'incapacità italiane, ovviamente.
Il tentativo del giornalista di individuare colpe e colpevoli (anche/soprattutto all'interno della sua categoria lavorativa) è un passaggio delicatissimo che concorre ad inquadrare con esattezza una specie di ricetta "alternativa" per non ricadere più nella possibilità di commettere gli stessi identici errori di visione e prospettiva in un futuro non lontano.
Sotto questa ottica, pertanto, la "progettazione" del futuro dovrà forzatamente tener conto degli errori e degli sbagli commessi in passato.
Guardando anche la questione da un punto di vista numerico e non discorsivo, infatti, è possibile accorgersi senza bisogno di fare troppa analisi del declino italiano. Periodo di discesa che ha avuto date di inizio ben anteriori a quelle che hanno "avviato" questo processo di perdurante crisi economica.
Basti pensare alla grande quantità di dati e tabelle presenti alla fine del libro in questione: PIL pro-capite, patrimonio delle famiglie europee, tassi di default nei prestiti alle famiglie, crescita del PIL, percentuale di popolazione attiva, quantità e mole di investimenti produttivi, capacità di produzione manifatturiera, tassi di produttività pro-capite, investimenti delle imprese, profitti delle imprese, fatturato dell'industria, ordinativi dell'industria, quantità di prestiti fatti al settore privato, numero di default delle imprese, andamento del debito pubblico, deficit di bilancio, tassi d'interesse su BTP decennali e crescita del PIL in Italia, inflazione, tasso di disoccupazione nel lungo periodo.
Ognuna di queste voci, direttamente od indirettamente, può ricondurre ad individuare colpe e colpevoli dell'impietoso declino italiano.
Affinchè tutto ciò, forse, possa contribuire a rimuovere l'aggettivo pericolanti dalle parole economia e società.


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