A tal uopo però è bene ricordare il dibattito parlamentare di quegli anni e lo faccio attraverso un passaggio del deputato parlamentare Sebastiano Fulci di aria liberale alla seduta della camera del 3 ottobre 1967 quando si discuteva del disegno di legge sui consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario.
“Non è stato taciuto l’aggravio di spese che la nuova costellazione di assemblee, di consiglieri regionali, di presidenze, di assessorati, di gabinetti e di segreterie particolari comporterà per l’Erario e, in definitiva, per le tasche del contribuente e per l’economia nazionale. Se le Regioni verranno attuate, quanti nuovi mattoni saranno portati alla già enorme diga delle spese improduttive, che frena l’espandersi degli investimenti e, quindi, del benessere del nostro Paese? Al miracolo della moltiplicazione dei pani farà seguito quella della moltiplicazione dei posti… e ciò che spaventa ancor di più sono le forche caudine che la burocrazia regionale finirà con l’apprestare per i propri amministrati. Ognuno di quei nuovi presidenti, assessori, capi di gabinetto, segretari generali e particolari, direttori di sezione e di divisione, avrà infatti bisogno di un ubi consistam funzionale, cioè dovrà crearsi una competenza: e ciò, il più delle volte, significherà imprimere all’iter burocratico delle pratiche che concernono i poveri cittadini il carattere di un vero e proprio calvario. (…) L’uomo della strada, l’opinione pubblica, nella loro genuina ed istintiva saggezza, non hanno alcuna simpatia per i consigli regionali che si vorrebbero istituire, in cui scorgono fin d’ora l’origine di nuovi sperperi e dissesti, di nuovi mali e difficoltà”.
Previsione rivelatasi poi pura realtà; ma come si diceva all’inizio, io vedo la costituzione di questi Enti come una via tutta italiana alla redistribuzione del reddito.
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