L'attore Joel Edgerton esordisce nella regia con Regali da uno sconosciuto - The gift, in cui veste anche i panni di un poco raccomandabile individuo che s'intrufola nella vita di una coppia.
Cosa succederebbe se qualcuno riemerso dal passato vi obbligasse a confrontarvi con un segreto che avete cercato di tenere nascosto perfino a voi stessi?
Con un titolo originale che richiama inevitabilmente alla memoria la pellicola interpretata nel 2000 da Katie Holmes sotto la direzione del maestro dell'horror Sam Raimi, Regali da uno sconosciuto - The gift tenta di rispondere a questo interrogativo partendo dalla fondamentale premessa che il produttore Jason Blum - cui dobbiamo, tra gli altri, le saghe Paranormal activity e Insidious - espone così: "Essere a casa da solo di notte e sentire rumori strani mi terrorizza. La casa è il luogo in cui ci si sente più sicuri, per questo quando si è minacciati in questo ambiente si ha davvero paura".
E la casa in questione è quella della giovane coppia di sposi costituita da Simon e Robyn, ovvero il Jason Bateman di Come ammazzare il capo... e vivere felici e la Rebecca Hall di Vicky Cristina Barcelona, i quali, appena trasferitisi, vedono la loro esistenza trascinata in una spirale di esperienze sconvolgenti in seguito al casuale incontro con Gordo, cui concede anima e corpo il Joel Edgerton di Black mass - L'ultimo gangster.
Non apritegli la porta
Il Joel Edgerton che, dopo aver diretto gli short The list e Monkeys, in questo caso debutta anche nella regia del lungometraggio incrementando ulteriormente la già ricca filmografia costituita da titoli riguardanti gli stalker su celluloide, da Quando chiama uno sconosciuto di Fred Walton a The perfect guy di David M. Rosenthal.
Tra incontri indesiderati e regali inaspettati, però, la quasi ora e cinquanta di visione che mette in piedi non si limita ad inscenare l'ennesimo assedio-tormento attuato dal solito individuo psichicamente disturbato e pronto a seminare cadaveri, in quanto decide di prendere una strada maggiormente interessante a causa del forte e tutt'altro che trascurabile (retro)gusto sociologico, senza rimanere ancorata ai più banali cliché sfoderati dal filone.
Tanto che, man mano che la lunga prima parte - destinata ad evolversi attraverso lenti ritmi di narrazione lasciando emergere progressivamente inquietanti dettagli e situazioni atti a disturbare la tranquillità dei due protagonisti - arriva a sfociare in un orribile segreto legato ad un fatto avvenuto vent'anni addietro nel posto, ancor prima che un vero e proprio thriller risulta evidente che sia un dramma con annessa tensione quello che scorre sullo schermo.
Un dramma in cui niente è come sembra e che, pur senza condividerne il sapore da film dell'orrore, ricorda sotto certi aspetti il Bed time di Jaume Balagueró; racchiudendo il suo maggiore pregio nella capacità di cambiare continuamente registro, riuscendo nella maggior parte dei casi a non permettere allo spettatore di avvertire in anticipo cosa stia per accadere.
Sebbene, in fin dei conti, si tratti di una prova apprezzabile ma non eccelsa che il maestro della paura su carta Stephen King pare abbia definito "Un gioiello di suspense".
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