Reggia di Venaria e altri imprevisti – Parte 2 –

Creato il 09 dicembre 2011 da Maria Grazia @MGraziaPiem

Il viaggio originale e parecchio traballante si è concluso al meglio, e all’arrivo a Venaria una marea informe di colori si è riversata fuori dal bus al grido di “Libertà, libertà!”. Le vispe signore venete avevano ovviamente prenotato tutto, guai a sgarrare: la più bionda del gruppo sarebbe potuta diventare intrattabile, ne sono certa! Ciò non toglie che anche loro, come me, hanno dovuto sottostare al rito della fila. Scommetto, però, che a me è andata meglio. Avrei voluto vedere la reggia e le due mostre, quella sulla moda nei 150 anni d’Italia e quella di Leonardo, una mostra evento, ma per quest’ultima non c’erano posti. Un punto a favore per le venete. Sarà la faccia angelica che mi ritrovo o l’aria da pezzente, fatto sta che anche la bigliettaia della reggia, come il tipo della bancarella a Borgo Dora, ha voluto farmi uno sconto di sua sponte, ben sei euro! E so’ soddisfazioni dopo un viaggio tormentato, e finalmente un piacevole imprevisto, no? Comincio la visita della Reggia di Venaria che, come tutte le dimore reali, è incantevole. A esaltare la bellezza del posto ci sono tante installazioni artistiche che rendono viva la reggia, proprio nel senso che riproducono la vita a corte. Bello! Tra stanze cupe ricche di quadri, e anfratti destinati a incontri peccaminosi, giungo alla galleria grande. Una grande galleria, appunto, zona di passaggio di tutte le vite che transitavano a corte, e la mia fantasia ha cominciato a immaginare i pettegolezzi, le chiacchiere, gli intrighi, le passioni e le vendette che si sono tramate in questa parte della reggia. Perché passeggiando nascono le idee, e non è che quelle del passato siano state sempre più nobili di quelle moderne…

Ed eccomi alla sala delle arti, la zona della reggia adibita a enorme passerella per ospitare decine di abiti femminili, pochi quelli maschili. L’idea della mostra è di ripercorrere la storia d’Italia attraverso il cambiamento degli abiti dal 1861 ad oggi. La mostra è divertente, perché ci si imbatte in abiti visti solo nei film come il Gattopardo di Visconti, ad esempio, e ci si può divertire a immaginare come dev’essere stata la nostra bisnonna o trisavola con il cerchio rigido sotto l’abito, o ancora un parente più prossimo a noi con uno di quegli abiti futuristi senza dubbio originali. I miei preferiti, però, restano gli abitini anni ’20, tutti piegoline e tagli maliziosi, li trovo irresistibili.

Che aggiungere: la giornata è partita male ma la bellezza ripaga, anche quando è d’altri tempi. E comunque, non è ancora finita: dopo Venaria mi attende Vercelli.