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Reggiana, e se il futuro fosse l'azionariato popolare?

Creato il 17 gennaio 2014 da Stefano Pagnozzi @StefPag82
Reggiana, e se il futuro fosse l'azionariato popolare?
Nel corso dell'incontro “#iotifomodena– CambiaMO”, organizzato dall’Azionariato Popolare Modena Sport Club, la redazione di SportReggio ha realizzato(qui articolo) un'intervista, sulla scia delle dichiarazioni dell'assessore Mauro Del Bue di far entrare un gruppo di supporter granata in società con la Reggiana,  a Riccardo Bertolin di MyROMA, AS Roma Supporters Trust, presente all'evento, per approfondire gli aspetti principali dei Supporters Trust e la sua esperienza diretta in MyROMA(Reggiana, i tifosi in protesta al Comune(VIDEO)).
La formula proposta da Del Bue è già realtà in tanti club italiani. Riccardo Bertolin di MyRoma spiega cos'è il Supporters Trust.
REGGIO EMILIA - Nel corso dell'incontro svolto sabato fra i tifosi e Mauro Del Bue, una delle proposte  avanzate dall'Assessore è stata quella di far entrare un gruppo di supporter granata in società con la Reggiana, secondo quella formula nominata "Azionariato Popolare".
In Italia già molte società sportive hanno quote azionarie in mano ai tifosi. La prima in Italia è stata la vicina Modena, seguita subito a ruota dai tifosi della Roma Calcio, ma sulla scia tante altre città hanno seguito questo modello.
Ieri sera, nel corso di un incontro fra l'azionariato gialloblu per discutere una forma di protesta contro la dirigenza Caliendo, la redazione di SportReggio ha incontrato Riccardo Bertolin, uno dei soci fondatori dell'azionariato romano (MyRoma ) e membro della Football Supporters Europe .
"La prima cosa da far capire ai tifosi che volessero avvicinarsi a un'azione di questo tipo è che tutto deve partire dal basso verso l'alto e non viceversa. Si deve lavorare insieme, amministrazione comunale e tifosi, per poter giungere a un accordo che soddisfi tutti. Se l'ordine arriva dall'alto e basta, è facile che la cosa finisca lì."
Una delle proposte fatte dall'Assessore Del Bue è stata infatti quella di lavorare insieme, cercando di andare a convincere anche le piccole realtà imprenditoriali locali affinchè sposino questo progetto. Lo considera il giusto inizio per la tifoseria granata?
Infatti l'aspetto principale dell'azionariato popolare non è solo quello di trovare una base di persone che si metta d'accordo per partire, ma anche di coinvolgere la comunità locale, creando norme, uno statuto chiaro, trasparente e sostenibile, seguendo le norme generali dello statuto ideato dall'associazione "Supporters in Campo" che unisce tutti i gruppi di azionariato popolare in Italia.
Ad esempio?Tutto deve essere accessibile a tutti, si può provare a costruire una base economica con azioni che portino a raccogliere fondi. Ma soprattutto ogni cosa deve essere fatta in maniera trasparente: noi a Roma, ad esempio, abbiamo il conto dell'associazione accessibile ad ogni socio, e chiunque può entrare e controllare le entrate e le uscite economiche.
Da cosa vi arrivano le entrate?In maggior parte da donazioni o dal versamento della quota annuale, che negli ultimi anni è stata di 20€, mentre le uscite sono le tasse del conto corrente, le tasse generali da pagare ma anche e soprattutto l'acquisto delle azioni della Roma Calcio. 
E una volta acquistate le azioni?Questo ci ha permesso di sederci al tavolo del Consiglio, facendoci conoscere e iniziando a mettere sul tavolo anche qualcuna delle nostre richieste. Ma soprattutto questo dà la possibilità di lavorare insieme, creare obiettivi, farsi conoscere. Questa è la grande potenza di questa idea: l'azionariato popolare serve a riportare in mano parte di una società a chi veramente è il vero "proprietario" di una squadra, cioè i tifosi. 
Si spieghi meglio.Chi è al di fuori di queste meccaniche spesso interpreta l'azionariato popolare come un "voler acquistare la squadra" da parte dei tifosi. Nulla di più sbagliato. L'azionariato popolare in Inghilterra si chiama Supporters Trust ed è la partecipazione di una parte del tifo per entrare nel processo decisionale della società. Non si parla di fare calciomercato, decidere chi sta in panchina o chi scende in campo ogni domenica: quello è il management.
Ci sono esempi in cui questo supporters trust ha funzionato bene?Di esempi in Europa ce ne sono tanti: dall'Amburgo in Germania, che appartiene al 100% ai suoi supporter, a casi drastici come quello del Wimbledon in Inghilterra: un imprenditore norvegese che aveva acquistato la squadra, vedendo che non era redditizio come credeva, ha demolito lo stadio per creare un complesso residenziale, spedendo tifosi e giocatori a Milton Keynes, distante oltre 100 km da Wimbledon. Questo non è andato giù a nessuno, e molto semplicemente i supporters hanno rifondato tutto, chiamando la squadra Afc Wimbledon e sono ripartiti dalla terza categoria. E' una società che appartiene al 100% ai soci tifosi. 
Quindi, tornando a Reggio, quale potrebbe essere il primo passo da fare per intraprendere questa strada?
E' fondamentale focalizzare gli obiettivi, ma soprattutto capire che quella è la soluzione, per non dire il futuro del calcio che ormai è diventato insostenibile a qualunque livello, visto che in Italia falliscono anche le squadre di dilettanti. Ma soprattutto dovrebbero cambiare le regole, come in Germania, dove una società non può  appartenere in maggioranza assoluta ad una singola persona. Questo ha portato benefici, ed in questo modo il possesso della squadra è tornato in mano a chi ci teneva veramente. Quando abbiamo fondato MyRoma ci siamo ispirati a questo modello, perchè crediamo che sia quello che abbia la struttura più solida ed efficace.
Come funziona MyRoma?E' un'associazione definibile come Supporers Trust, non a scopo di lucro: nel caso dovesse fallire, i soldi accumulati andrebbero in beneficienza da statuto. Siamo nati il 27 maggio del 2010, e ancora esistiamo anche se non è facile: in tanti anni è capitato chi ci ha provato a dare fregature, o ha sfruttato il tifo per farsi i propri interessi. 
In altre parole? Bisogna battersi per vincere la diffidenza della gente, e questo lo si può fare solo con la trasparenza totale, ma per il resto è tutto volontariato: quello che ci spinge è l'amore per la nostra squadra, e soprattutto la volontà che i nostri figli non vedano nel loro futuro lo stesso degrado nel calcio che abbiamo visto noi. Sono stanco di vedere porcherie gettate addosso ai tifosi considerati solo come feccia, mentre il tifoso non è il problema da risolvere, ma la soluzione. Non è la risorsa da sfruttare solo quando bisogna fare la campagna abbonamenti o vendere merchandising. Se ci si riesce ad organizzare, si può rompere questo meccanismo perverso che si è creato in tutti questi anni.
Francesca Soli

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