Tuttavia la presenza di dati più completi rispetto a quelli che si avevano a botta calda, permette non solo di misurare il rapido sfaldamento del progetto renzista tra chi ha votato, ma di far risaltare il totale scollamento dell’elettorato rispetto al sistema politico. Unendo infatti la percentuale delle astensioni al dato finalmente disponibile ( non ancora per tutte le regioni) delle schede bianche o nulle il quadro diventa ancora più inquietante. Polisblog presenta già un primo conto di questo deterioramento della rappresentatività politica generale.
Facciamo qualche semplice conto focalizzando il discorso sul Pd renziano che è il grande sconfitto di questa tornata elettorale, ma sapendo che il discorso vale anche per gli altri. Dunque in Liguria il sedicente partito della nazione che ha tentato di tutto pur di sfangarla, persino arruolando il “sinistro” Bersani in aiuto della Paita, ha preso il 28, 1% dei voti validi , il 26,9% dei voti totali, ma solo il 13, 6% del consenso degli elettori la metà dei quali non è andata ai seggi e per il 2% ha messo nell’urna una scheda bianca. Tuttavia la percentuale scende all’ 11,6% se si considera l’insieme dei liguri, mentre godrà del 26,7% dei seggi in consiglio regionale. E questo solo perché è uscito sconfitto: i vincitori berlusco – salviniani avendo preso il consenso di solo il 13% dei residenti nella regione, avrà il 36, 7% dei seggi.
La cosa è ancor più evidente in Puglia dove il Pd di Emiliano ha vinto prendendo il 46,1% dei voti validi, il 42,6% dei votanti, il 22% del corpo elettorale e infine il 19,2% dei pugliesi, ma ottenendo il 59% dei seggi in consiglio regionale.
Ma la cosa diventa esplosiva in Umbria dove la percentuale di schede bianche ha raggiunto addirittura il 28,6% dei votanti, vale a dire quasi la stessa percentuale del Pd, un record storico mondiale, un monumeto all’elettore ignoto, per così dire che dimostra come si stia rapidamente arrivando a un punto di rottura. Ora proviamo ad estendere questo quadro al livello nazionale nel quale una percentuale del 40% dei voti validi dà diritto alla maggioranza assoluta dei seggi (340 su 630): si può governare il Paese con appena il 15% dei consensi e con forse solo metà di questi consapevolmente favorevoli al premier che scaturisce dal voto.
Non ci vuole molto per capire che siamo dentro un’emergenza democratica nella quale l’assenza di rappresentatività anche sul puro livello numerico e senza contare la subalternità del milieu politicante ai poteri economici, sta creando un grande vuoto politico potenzialmente esplosivo e annunciatore di esiti infausti per la tenuta del Paese se non verrà riempito al più presto. Non siamo in tempi normali e le modalità, le prassi, le abitudini dei tempi normali funzionano poco: ci vuole un nuovo soggetto politico capace di navigare nelle grandi praterie della disillusione e della rabbia, trasformandole in una occasione di cambiamento reale. Un territorio che non può essere conquistato dalla sinistra radicale e dai suoi espedienti di fase che si risolvono nell’inconcludenza, specie ora che la grande speranza di Syriza rischia di fallire. Che di certo non potrà essere coperto dai tardivi e timidi esperimenti di secessione dal Pd renziano. Ma che nemmeno può essere espugnato davvero dal M5S a causa dei suoi limiti di struttura, di ideazione, ma soprattutto del suo tendenziale autismo della protesta che lo ha portato a perdere una straordinaria occasione per impedire la deriva del Paese. Bisognerebbe forse trovare una qualche formula di alleanza alla Podemos per evitare di finire in mano ai peggiori demagoghi e ai peggiori istinti. Ma chissà, forse mancano gli uomini e il respiro, forse manca una generazione che risponde solo allo smartphone, forse quei peggiori istinti hanno già vinto.