5 - The culprit must be determined by logical deductions--not by accident or coincidence or unmotivated confession. To solve a criminal problem in this latter fashion is like sending the reader on a deliberate wild-goose chase, and then telling him, after he has failed, that you had the object of his search up your sleeve all the time. Such an author is no better than a practical joker.
(5 - Al colpevole si deve arrivare attraverso deduzioni basate sulla logica, non per caso o coincidenza o confessione senza motivo. Risolvere un problema di detection in questo modo equivale a spedire deliberatamente il lettore su di una falsa pista e poi dirgli, dopo che è tornato con le pive nel sacco, che la cosa che lo avevate mandato a cercare ce l'avevate nascosta voi nella manica fin dall'inizio. Un autore di questa fatta è poco più di un buffone.)
Sono sincera: non so nemmeno se abbia un senso commentare questa regola, dal momento che è evidente il suo totale spregio da parte della stragrande maggioranza dei giallisti in cui mi sono imbattuta negli ultimi anni.
Il Caso, signori miei, la fa ormai da signore.
È l’ennesimo sintomo – da un punto di vista conservatore – della decadenza del giallo classico; della mutazione euristica dei giallisti – da un punto di vista innovatore.
Qualche esempio, tanto per gradire.
Ne La stella del diavolo (giallo norvegese, mediocre) Harry Hole scopre il colpevole solo grazie a una fotografia trovata assolutamente per caso, che dimostra come una delle vittime avesse un amante e, di conseguenza come il marito di lei avesse un ottimo movente e abbia simulato l’esistenza di un serial killer.
È solo per caso che in Dalia nera (noir Usa, grandioso) dopo tenaci anni di indagini a vuoto, Dwight riesce a ricollegare tutti i pezzi del puzzle e a trovare la vera scena del crimine (peraltro senza riuscire a mandare in galera i veri colpevoli).
Non ricordo di aver mai letto gialli con una “confessione senza motivo”, ma sicuramente ne sono stati scritti. È un errore sfottuto in modo molto divertente in Come non scrivere un romanzo. Una guida per evitare i 200 errori più comuni, di Howard Mittelmark e Sandra Newman.
Gli scrittori falliti, a quanto pare, popolano i loro manoscritti di Cattivi sadici, crudeli, geniali ma illogici e soprattutto logorroici, che non vedono letteralmente l’ora di essere beccati (o di catturare il Buono) per confessare ad alta voce le loro malefatte e quanto hanno goduto nel commetterle.
Inutile dire che se in un film di James Bond anni ’50 la cosa poteva risultare divertente, oggi è alquanto stucchevole.
D’altra parte non è detto che in un mondo parallelo popolato di detective perfetti - tutti identici ad Auguste Dupin o a Sherlock Holmes - ci divertiremmo in eterno.
Prima o poi desidereremmo un investigatore imbranato, o distratto, o che si fa ingannare dal colpevole. Da lì alla soluzione trovata senza alcun merito, la strada è breve.
Siamo passati, in ultima analisi, dal detective-cervello al detective-anima. Forse stiamo vivendo l’epoca romantica del giallo e non ce n’eravamo accorti.