Renato Fucini, L’eredità di Vermutte -4/6

Da Paolorossi

Illustrazione tratta dalla pagina 31 di “All’aria aperta” di Renato Fucini – 1897

[…]

La strada piana era vicina a terminare e cominciava subito la scesa, quella scesaccia delle Fonte, dove c’è quella croce che ci morì per una ribaltatura quell’armeggione del fattore Spinelli.

— Adagio, Vermutte! ricordiamoci delle Forre. — Non mi sentiva nemmeno. E allora serriamo le valvule.
— Sai, Vermutte, che cosa mi garba poco? A me…. chi lo sa? mi garba poco quella serva vecchia, perchè, se è vero quello che mi raccontavi dianzi, cotesta donna era diventata, pare, da ultimo, padrona d’ogni cosa lei. E, con voialtri, cotesto serpente, ci se la dice?
— Ci darebbe foco!
— Ohi, ohi, ohi!

La frusta andò subito nel bocciòlo, le guide ricominciarono a ciondolare, e il cavallo non intese a sordo. Anzi, fatti pochi passi, ebbi a dire a Vermutte che lo toccasse; se no, si fermava.

— E sai, amico mio, non c’è la peggio di quel genere di donne lì!
— Si figuri se ci ho pensato anch’io!
— Ha parenti quella donna?
— Una conigliolaia.
— Male, caro Vermutte, male!
— Eh, non pensi che lo so.
— Tira in mezzo il cavallo e dagli un po’ di martinicca.
— Ma che crede, signor Filippo, che sia un arnese da nulla quell’accidente! Si figuri elle, prima prima, il povero sor Angusto, per le ricordanze, ci mandava sempre un fiasco di vino e, a volte, la schiacciata o il panforte, secondo se s’era di Pasqua o di Natale. Appena entrata lei in quella casa, tutti zitti! Eppoi, così ogni tanto, o arrivava le salsicce se avevano ammazzato il maiale, o il paniere dell’uva se vendemmiavano la vigna; ora quella cosa, ora quell’altra…. Insomma, bisogna dirlo perchè è vero, quel pover omo non si fermava mai. Arrivata in casa quella versiera, tutti morti! Ma se non gli mangia il core Vermutte, non glielo mangia nessuno!… O sor Filippo; la vede quella croce? Mi guardi bene in viso. Se stasera quando torno a casa sento dire che a noi non ci ha lasciato nulla e che ha lasciato anche venti lire sole a quella donna…. Signor Filippo, ho cinque creature! Ho cinque creature che quest’inverno hanno patito anche la fame!… Ma se quella donna la dovessi vedere riderci in faccia, a ganasce piene e con quelle venti lire in mano…. Se tutta quella grazia di Dio dovessi vederla andare a quella schiuma di canaglie de’ suoi parenti…. son cenciaioli arricchiti non si sa come…. Se questo dovesse accadere…. Signor Filippo, lei dica subito: Vermutte more in galera! Signor Filippo, quella lì è una croce.

E si levò il cappello. Capii che aveva fatto un giuramento. Quell’atto, quel ricordo ai figlioli, quella risolutezza fredda, mi levarono le burle dal capo e cominciai a guardare da un altro punto di vista quel disgraziato.

[…]

( Renato Fucini, L’eredità di Vermutte, tratto da “All’aria aperta”, 1897 )