Renee vivien

Da Biancheggiando
RENEE VIVIEN (1877-1909)
Il suo vero nome è Pauline Tarn, di padre scozzese e madre americana, nasce a Londra ma si trasferisce giovanissima a Parigi. Amante della Grecia è soprannominata Saffo. Nell'ambiente "bohémien" il suo stile di vita e il suo suo modo di vestire erano noti quanto le sue poesie. Viveva lussuosamente ed era apertamente lesbica, la sue relazione più importante fu quella con l'ereditiera e scrittrice Natalie Clifford Barney. Vivien era colta e viaggia molto: Egitto, Cina ed USA. I suoi contemporanei la considerano bella ed elegante. I digiuni protratti (un'abitudine che avrebbe poi contribuito alla sua morte) l'avevano resa anche relativamente magra. La sua casa era piena di mobili ed opere d'arte provenienti dal lontano Oriente. Inoltre, amava i fiori freschi e passeggiare nel suo giardino zen. Nel 1908, Renée Vivien profondamente abbattuta e oberata dai debiti, tentò il suicidio ingerendo del laudano, il tentativo di suicidio fallì ma purtroppo contrasse la pleurite e torna a Parigi così indebolita, da essere costretta a camminare con un bastone. Muore il 18 novembre 1909, all'età di 31 anni, a causa della pleurite e dell'indebolimento fisico dovuto ai frequenti digiuni. La sua morte fu riportata a quel tempo come suicidio, ma fu probabilmente il risultato di un'anoressia nervosa aggravata dalla pleurite e dall'alcolismo. Durante la sua breve vita, Renée Vivien fu conosciuta anche come la "Musa delle violette", soprannome dovuto al suo amore per questo fiore, richiamo al suo amore d'infanzia, Violet Shillito.
L'AMORE CIECO DA UN OCCHIO
Ti amo col mio occhio unico, ti sbircio
come un cinese l'oppio:
ti amo del mio amore cieco d'un occhio,
ragazza bianca come un gìchero.
Voglio le tue palpebre di bistro
e la tua voce più lenta di un sistro;
dove riluce la collera del rum.
Ti seguo con lo sguardo, lubrico come una scimmia,
ebbro come un pallone senza la zavorra.
La tua anima mutevole di Sfinge
oscilla fra un si e un no.
E io ansimo verso la lusinga
dei seni vibranti, del flessuoso torso
dove la grazia sposa la forza,
e degli occhi verdi come l'occidente.
Il tuo viso sfuma attraverso le cortine;
e tu mediti, un frutto secco
tra le labbra fiorentine
dove si quieta un sorriso greco.
Muoio delle tue parole brevi...
Voglio che coi denti mi cavi
l'occhio dove s'intorbidano i sogni,
come un'ara, con un colpo di becco.

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