Sono tra quelli che storse il naso quando Renzi andò ad Arcore (come pure ho pensato che la riunione di segreteria che si è svolta a Firenze poteva benissimo essere fatta in un circolo del PD, sapendo la malafede con cui tutto, anche il luogo di una riunione, viene interpretato), pur capendone tutte le ragioni intriseche in quel gesto e in quel momento: “tutti mi trattano come un ragazzino presuntuoso, pronto ad allinearmi agli schemi a cui tutti i giovani del mio partito alla fine si allineano, io non ho paura, e con questo atto dimostro che faccio di testa mia, non obbedisco a nessuno.”
In quell’atto, per chi aveva capito come stavano andando le cose e come sarebbero andate c’era dentro un po’ di tutto, anche un po’ di ubris, ma c’era dentro anche tanta voglia di scrollarsi di dosso gli schemi ipocriti della classe dirigente al potere che alla fine con Berlusconi ci trattava eccome (e non parlo di Bicamerale). I ruoli di allora erano totalmente invertiti a quelli rivestiti oggi da gli attori di quell’incontro. All’epoca Renzi non avrebbe mai potuto dire a Berlusconi vieni tu o incontriamoci da un’altra parte per parlare di Firenze. E Berlusconi comunque era il presidente del consiglio, non solo il capo di una parte di una parte politica che ancora oggi (ahinoi) pesa 1/3 dei votanti (dei votanti, certo).
Oggi Matteo Renzi è il segretario del PD e non ignora che incontrare Berlusconi è camminare bendati su terreno minato, colpisce al cuore la natura stessa di cui si è nutrita un’intera classe dirigente: l’antiberlusconismo in purezza, quel fenomeno che ci ha tenuti bloccati per venti anni a parlare si lui e delle sue malefatte e che non ci ha fatto produrre uno straccio di visione se si esclude quella puramente elettorale: la grande alleanza di Prodi (sempre in chiave Berlusconiana) o lo spirito maggioritario esclusivo veltroniano (che comunque di quell’”anti” era figlio).
Matteo Renzi ha la mia età e da quando va a votare c’è Berlusconi e, come me, non vede l’ora di buttarsi alle spalle quei venti anni. Lo fa in modo diverso e anche questo è già un segno che il tempo della politica ha cambiato ritmo, come se all’improvviso qualcuno avesse dato una schicchera al metronomo, aumentandone la velocità. In questi venti anni tutti hanno trattato con Berlusconi. E’ stato fatto sulle nomine nelle aziende partecipate, dalla Rai a Finmeccanica. Sulle leggi da fare e da non fare. Sui tempi da dare alle riforme, perché anche la lentezza con cui le cose si fanno o no è una forma di patto tacito (penso alla legge elettorale ferma sotto la sedia di Anna Finocchiaro).
Io di Berlusconi, della sua cultura sguaiata, della sua Milano 2, della sua simpatia piaciona, delle sue battute offensive sulle donne, sui gay, della sua amicizia con Putin, ma soprattutto della sua totale inadempienza politica (ed è l’unico che ha potuto governare così tanto e a lungo da non so quanto e con una maggioranza che gli obbediva in ginocchio, Lega compresa), cioè la cosa su cui in questi venti anni abbiamo spinto di meno, penso tutto il male possibile. Perché penso tutto il male possibile di quel pezzo d’Italia di cui Berlusconi (non dimentichiamolo mai, per pietà) è rappresentante: quello che vuole abolire la burocrazia per liberalizzare l’anarchia edilizia e non per favorire la libera ma giusta impresa, che vuole la riforma della giustizia per avere impunità e non per rendere il Paese giusto. E potrei andare avanti all’infinito a raccontare come non siamo stati in grado di ribaltare la sua prospettiva su giustizia, burocrazia, statalismo. Matteo Renzi (non da solo, ma con tutti noi) questa prospettiva la sta ribaltando.
Berlusconi oggi entrerà nella sede del PD. Non infetterà nulla, non sarà sacrilegio. Il sacrilegio è stato lasciarlo imperversare per venti anni, facendo finta di combatterlo, alimentandosi della sua esistenza per opposizione, riconoscendogli la centralità come in un sistema solare, invece di cercare una luce propria, come se fossimo la Luna e non un altro sole. Scusatemi se anche io ho fretta e vado oltre. Sì, è un pregiudicato. Sì, tutto quello che sappiamo. Ma rappresenta un terzo degli elettori. Parlando con lui, parliamo con loro.
Suggerirei quindi ai detrattori dell’incontro di sperare soprattutto in un buon esito per il Paese (qualcuno su twitter fa la battuta: speriamo che finisca come a Canossa e non come a Troia, io dico che non finirà in nessuno dei due modi), non per le proprie poltrone al governo. E basta con questa storia tra Governo e maggioranze trasversali in parlamento, anche questo aspetto fa parte della crescita e della maturità di una democrazia. Lo facciamo sulle unioni civili per non minare il governo, perché non possiamo farlo sulla legge elettorale? Su, non prendiamoci in giro.
Ecco, io non tollero che un pezzo del mio partito, dietro la questione Berlusconi, anteponga il proprio destino personale e politico al bene del Paese e a dirvela tutta penso anche che Renzi stia rischiando moltissimo davanti a tutti perché se non si porta a casa l’accordo tutti saranno pronti a puntargli il dito contro, ma l’unico modo di battere Berlusconi è anche questo: fare tutto alla luce del sole, davanti al Paese.
Ma quello che più di ogni altra cosa sta avvenendo oggi è che Matteo Renzi sta applicando un principio fondamentale che tutto il partito dovrebbe apprezzare: non una legge elettorale per qualcuno o contro qualcuno, ma una legge elettorale che garantisca al Paese governabilità. Non una legge elettorale che si limiti a fare contente le forze di governo dove c’è l’anomalia NCD che è lì grazie ai voti di Berlusconi (con cui il PD del vecchio corso ha governato negli ultimi anni, tra l’altro) e che ha paura di rimanere fuori al prossimo turno.
Per fare questo si incontra anche Berlusconi che poi insieme a Grillo è quello che, con il PD, rappresenta il Paese per l’80% circa di chi ha votato. E per favore mettiamoci in testa, una volta per tutte, che il Paese viene prima del governo e questi 20 anni di berlusconismo, magari, si archiaviano proprio oggi, mettendo la prima pietra per la governabilità.
p.s. segnalo il post di Gad Lerner, notoriamente non vicino a Renzi (“meglio l’azzardo di renzi che immolarsi per Alfano)
p.s.2 l’ho detto in modo superficiale ma ci ritorno. Le unioni civili non devono passare per il governo altrimenti non si trova l’accordo e akkora è meglio lasciare la materia al Parlamento? Perché sulle Uniuoni Civili sì e sulla legge elettorale no? Premesso che non ci penso nemmeno di andare a discutere di unioni civili con Alfano, perché il modello tedesco NON si discute essendo già un compromesso nel PD.