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Renzi conta sul calvinismo ambrosiano e rottama il meridionalismo

Creato il 16 marzo 2014 da Blogaccio @blogaccioBlog

duomo di milano-maschio angioino-cupola di BrunelleschiCome Monti e poi Letta, anche Renzi è stato costretto a fare il giro delle cattedrali europee prima di assumere le decisioni irrevocabili già annunciate per tener fede al calendario. E’ passato a Parigi dove era scontato il mais qui di Hollande punterà poi su Berlino lunedì, 17 marzo per il via libero definitivo che la Merkel, obtorto collo, sarà costretta a dargli pur di non essere travolta nel prossimo Parlamento di Bruxelles dalla furia grillina e dalla rimonta leghista che fanno perno sulle sofferenze sociali dell’austerity per ottenere un successo alle europee altrimenti insperabile. A nord come a sud si resta scettici sulle strategie del toscanaccio e le due analisi al confronto che vi proponiamo provano, sia pure a fatica, a dare concretezza sistematica a quelle che sono sembrate improvvisazioni approssimative di un piazzista genio della comunicazione. In molti hanno rilevato che Renzi non ha ancora parlato di politiche per il meridione, ma perché ha preferito fare qualcosa per il sud scrive Umberto De Gregorio su Repubblica che sottolinea come in Campania, tre lavoratori dipendenti su quattro hanno redditi inferiori ai 25mila euro all’anno e dunque per loro la busta paga da maggio sarà più pesante. Le stesse aziende meridionali che in gran parte vivono di commesse pubbliche a differenza di quelle settentrionali votate all’esportazione, faranno la parte del leone nell’incassi dei debiti della pubblica amministrazione ed infine, ma non ultima per incidenza nella asfittica economia meridionale, la sostituzione della cassa integrazione in deroga con il sussidio di disoccupazione universale finirà per determinare una perequazione di risorse attualmente allocate in misura maggiore nel settentrione. Al sud infatti, i numeri dei giovani disoccupati sono di molto superiori a quelli pur gravi del nord dove la globalizzazione, riprende Dario Di Vico, ha determinato il disinteresse delle élite e numerose aree si sono deindustrializzate. Le stesse forze politiche che si facevano carico della questione settentrionale, ora sembrano aver perso lo smalto e la presa sui territori mentre Renzi, non riesce ad attrarre quel consenso massivo perché troppo “toscanocentrico”; non conosce bene le molteplici realtà del nord. Se però vuole imprimere velocità all’Italia per mettersi al passo con gli altri paesi europei, prosegue, non può prescindere di passare per quei territori abituati da sempre a misurarsi con l’innovazione e lo sviluppo forti di un calvinismo che non si è mai attardato a cercare sconti e tanto meno acconciato all’assistenzialismo statale.


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