Renzo Piano intervistato da Lilli Gruber sulla sua nuova identità di senatore. “Mi riempie d’orgoglio civico – esordisce l’architetto Piano – io non sono un politico, sto imparando, ma sono soddisfatto“.
Eppure, se dovesse passare la riforma che abolisce il Senato, perderemmo uno dei senatore a vita, carica conferitagli dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in quanto – al pari di Claudio Abbado, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo – ha “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo scientifico, artistico e sociale”. Un Senato che ora più che mai avrebbe bisogno di luce e trasparenza proprio come un’opera architettonica di cui Piano è veramente esperto.
“È così, è evidentissimo, ho l’ottimismo nel mio DNA, ma la politica va modificata. Trovo che ci sia bisogno di una visione complessiva c
Legatissimo a questo Paese straordinario che è l’Italia. Un Paese bellissimo ma molto fragile, in tutti i suoi aspetti. L’idea, in poche parole, è di usare il proprio emolumento di senatore per dare lavoro a giovani da impegnare nella ricucitura delle città, nel rammendo e nel consolidamento degli edifici, scuole in primis. Renzo Piano ha scelto la platea televisiva del programma Ottoemezzo per annunciare il proprio progetto “più ambizioso”. È convinto che le periferie debbano diventare allegre per questo ha ingaggiato sei giovani che hanno risposto su internet ad un bando. Vanno dai 29 ai 36 anni i prescelti, con contratti pagati con lo stipendio da senatore. Una squadra, di giovani architetti, G124 (dal numero della stanza del senatore Piano a Palazzo Giustiniani) che si occuperà della trasformazione delle periferie delle nostre città.
Secondo lui è ai giovani c
Insomma, secondo Piano “il nostro Paese ha bisogno di un’opera gigantesca di rammendo”.
“L’unico vero contributo che posso dare non è tanto la mia presenza in aula, ma continuare a fare il mio mestiere e metterlo a disposizione della comunità”.
Un modo decisamemte nuovo di essere diversamente politico e di fare politica.
“È un lavoro lungo che richiederà molto tempo. Ma non dobbiamo scoraggiarci, le città devono crescere per inclusione e non per espansione, dobbiamo smettere di spendere tanti soldi e bisogna curarne la bellezza. La bellezza naturale del nostro Paese non è merito nostro, quella antropizzata dei centri storici neppure, visto che ci è stata lasciata in eredità. Quello che può essere merito nostro è migliorare le periferie, che sono la parte fragile della città e che possono diventare belle“.
Dunque l’eredità morale di questo grande costrutture è la manutenzione e la risensibilizzazione della politica colpevole della poca cura dell’ambiente e delle bellezze lasciateci dal passato.
“Io penso sempre al giuramento della Polis, in cui i politici giuravano di consegnare al termine del mandato un’Atene migliore di quella che avevano ricevuto. Mettiamoci al lavoro”.
Augurandoci che avendo fatto suo il motto genovese “qui non si spreca niente” riesca a far capire alla nostra attuale politica, che con la cultura e con la bellezza si cambia il mondo e che oggi il mestiere dell’architetto si struttura con competenze sempre più complesse e transdisciplinari, collegandosi per esempio all’agricoltura, all’ecologia, alla geo-idrologia, alla psicologia ambientale, all’antropologia. Certamente può essere
L’Italia ha tutte le caratteristiche per vincere la crisi ed è auspicabile che ne prenda atto.