Per il momento in Congo si tira il fiato.
E questo è accaduto appena subito dopo l’arresto di Gustave Bagayamukwe Tadji, l’uomo che è il leader dell’Unione delle Forze rivoluzionarie del Congo (Ufrc), già candidato politico sconfitto nel novembre 2011 nel Sud-Kivu.
Il suo intento attuale è quello di destituire l’attuale presidente Kabila, che egli, insieme ai suoi felissimi, ritiene responsabile della destabilizzazione del Paese e delle continuative sofferenze del popolo congolese.
Le accuse nei confronti di Kabila sono, per l’Ufrc ,di “alto tradimento”.
E si chiedono, anche nuove elezioni democratiche.
Il riferimento riguarda i brogli delle precedenti, che hanno consentito, nonostante le numerose e vivaci proteste di piazza, la riconferma di Kabila alla presidenza.
Intanto a Kinshasa,nel medesimo tempo, sono ancora in corso i non facili colloqui con gli uomini dell’M23, i quali vorrebbero affiancare, a pieno titolo, l’esercito nazionale congolese.
Richiesta bocciata con determinazione da Kabila e dal suo governo, che chiede loro, semmai, di deporre definitivamente le armi.
Gustave Bagayamukwe Tadji, uomo di Bukavu, intenderebbe prendere la guida, con l’appoggio dei suoi fedelissimi, del Sud-Kivu, una regione ricca di minerali non meno dello stesso Nord-Kivu.
Il suo arresto lascia, per adesso, tutto in sospeso e non resta che attendere quelli che saranno gli ulteriori sviluppi della situazione.
Ciò che dispiace è tuttavia che per i congolesi, cioè la gente comune, ogni giorno che passa è un accumulo ulteriore di sofferenze e disagi , cui da troppo tempo non si mette la parola “fine”.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)