Report – effetto valanga

Creato il 31 ottobre 2011 da Funicelli


Chi sono le agenzie di rating? Cosa c'è dietro la finanza del debito e chi controlla il nostro? E, infine, quando stringiamo la cinghia per i sacrifici che ci vengono chiesti, per chi li facciamo?
Ma prima di parlare di economia, laGabanelli ha anticipato il secondo tema della puntata: il presidente del Consiglio che è diventato concessionario dello stato con una società di giochi online.
I giochi online dovevano servire per la ricostruzione dell'Abruzzo e de l'Aquila: ma le macerie sono ancora là, mentre il giro di affari annuo per i giochi d'azzardo è di 72 miliardi. In questo settore è entrata la Glaming, 70% Mondadori: il presidente crupier ci mancava ancora (dopo il presidente operaio, il presidente pompiere ..).
C'è anche qui il conflitto di interessi (visto che B. dà la concessione a B.?): il direttore dei monopoli neanche ne vuole parlare (“è una domanda mal posta”).
E allora i giornalisti di Report si sono chiesti perchè questo ingresso nei giochi: Mondadori dovrà pagare 560 milioni alla Cir e da tre anni sono cresciuti i debiti con le banche.
Grazie alla Glaming, i soldi delle puntate entreranno diritti nelle casse di Mondadori, e questa liquidità gli permetterà di pagare meno interessi sui debiti.
Ma non è geniale il cavaliere?
Effetto valanga.
Le tre sorelle, le grandi società di rating americane sono Standard & Poor's, Moody's e Fitch: valutano la bontà delle azioni quotate e anche la bontà del debito di una stato.
Si dice che abbiamo bocciato il debito americano perchè Obama avesse espresso intenzione di regolamentarle: in effetti non agiscono come enti terzi, avendo legami con fondi di investimento che guadagnano proprio sul declassamento degli stati.
Tutto corretto? Oggi ci sono persone che guadagnano se uno stato va in crisi o se aumenta il debito: ma questo guadagno porta come conseguenza all'indebitamento degli stati (che devono vendere i loro titoli per avere soldi con cui rifinanziare il proprio debito). Questo significa poi tagli allo stato sociale, agli stipendi di chi lavora, alle scuole e alla sanità.
Qual è lo stato reale dell'economia? C'è la crisi ma per chi? I valori dei prodotti delle operazioni finanziarie, per esempio, sono stati otto volte superiori a quelli che producono tutti insieme settori vitali della nostra economia come l'agricoltura, le industrie e i servizi. Come al solito c'è chi prende tanto, chi sempre di meno e chi rimane a bocca asciutta. Ma quanto potrà continuare questo meccanismo. Dipende solo da quanto sarà capace, chi ha interesse a non spartire la torta in parti uguali, a raccontare che il tesoro non c'è più. E soprattutto da quanto sarà bravo nel convincerci che la nostra qualità di vita dipende esclusivamente da come funzionano, giorno dopo giorno, i mercati finanziari.
Gli effetti li vediamo nelle piazze delle città europee (ma anche a New York): che si chiamino indignati o quelli di occupy Wall Street.
Effetto valanga è il titolo di un giallo, ambientato in Arizona, dove un padre di famiglia all'improvviso interrompe la catena dell'acquisto in debito di un nuovo refrigeratore (se quello vecchio funziona e non ci sono i soldi ..). E questo mette in crisi tutto il sistema.
Anche oggi, viviamo in un sistema dove si deve lavorare, produrre, spendere e investire. Ma il profitto non viene più investito in ricerca, nello sviluppo, ma è stato trasferito nella finanza. Così come il nostro debito. Il risultato? Lo ha spiegato il broker della borsa di Francoforte Dirk Muller: giocare in borsa diventa come scommettere sui cavalli, non si da nessun contributo alla crescita e allo sviluppo, perchè la finanza pensa solo a se stessa. Sono solo scommesse, che possono mettere in ginocchio il mondo.
E tutto questo influisce sulle nostre vite: perchè poi con il crescere del debito per le speculazioni, cresce il ticket negli ospedali, il biglietto dei mezzi di trasporto, il costo dei beni.
Se il debito di un paese è in mano alle banche, a queste la politica deve rispondere, non ai propri elettori. E se le banche propongono (impongono) ai paese le solite vecchie insulse ricette neoliberiste (i tagli alla spesa sociale, i tagli agli stipendi, maggiore flessibilità in uscita e poi se c'è tempo in ingresso), i paesi devono obbedire.
Le politiche neoliberali (quelle per cui è bene non tassare i redditi alti, non tassare i patrimoni) hanno dimostrato i loro effetti nel mondo: il loro risultato è stato appunto (come nell'America del reaganismo) la crescita del debito. È un sistema perverso.
Oggi il 55% del debito italiano è in mano alla finanza (al mercato, quello che avrebbe dovuto sapersi controllare da solo): sapere che ci sono persone che guadagnano milioni di euro senza fare nulla, semplicemente vendendo i nostri titoli per poi ricomprarli quando valgono meno, mi mette in agitazione. È quello che ha fatto Deutsche Bank questa estate. Che con la liquidità che si è garantita dalla vendita si è comprata dei titoli derivati (cds) per assicurarsi sul debito. Il risultato: oggi DB controlla il nostro debito (e dunque il nostro fallimento) senza possedere i nostri titoli.
5 grandi banche controllano il mercato dei cds per il 95%. Stiamo tirando la cinghia per loro?
Michele Buono ha ricordato anche il piano proposto dalla Goldman Sachs ai clienti che era un vero e proprio attacco all'euro: la stessa GS che ha aiutato la Grecia a truccare i conti e che fa consulenza ai paesi europei.
Una volta non era così: dopo la crisi del 29, le banche erano divise in banche commerciali e banche d'affari, nessuna commistione, nessun conflitto di interessi.
Fu Clinton ad abolirla, questa legge nel 1999.
Se le banche non si occupano più di raccogliere il credito e fare prestiti, oggi possono piazzare sul mercato mutui subprime con cui garantire l'acquisto della propria casa a persone che non se lo potrebbero permettere.
E alla prima rata che non viene pagata, scatta l'effetto valanga. La bolla immobiliare esplode, le banche vanno in crisi, e gli stato sovrani devono salvarle. Aumentando il loro debito.
Dopo la crisi del 2008, le banche e le agenzie di rating (che avevano garantito per i mutui subprime) sono tornate alle vecchie abitudini.
Non esiste trasparenza, per queste agenzie, che come si è visto, non sono indipendenti.
Il risultato, in Italia, è l'aumento della percezione di povertà: oggi aumentano i working poor, persone con un lavoro che non riescono a terminare il mese. Perchè lo stipendio è basso, perchè c'è la Cassa Integrazione.
Perchè con la scusa della crisi le aziende delocalizzano, spostando anche attività intellettuali all'estero. Anche in settori strategici come le Telecomunicazioni. E se i salari sono insufficienti, diminuiscono i consumi, diminuisce la raccolta delle tasse , lo stato si ritrova meno soldi in cassa ed è costretto a fare ulteriori tagli. E debiti. E qualcuno, da questa situazione perversa, ci guadagna pure.
Perchè se conviene investire nella finanza, nel debito, nelle scommesse, piuttosto che non nel lavoro, nelle imprese e nelle idee, questo è quello che succede.
E non solo in Italia: Buono è andato a Berlino, dove ha intervistato dei ragazzi che spiegavano oggi si riescano a trovare solo piccoli lavori nelle agenzie interinali, con stipendi bassi. In Germania si è riusciti a tenere la disoccupazione bassa grazie al fatto di avere stipendi bassi e gli aiuti dello stato. Le imprese tedesche sono competitive per questo: con gli stipendi bassi, ma se dovesse diminuire l'export (perchè non si riusciranno a vendere più le loro auto in Spagna e in Italia) potrebbe andare in crisi.
La Germania impone ai partner il rigore, ma poi si sta scavando la fossa da sola. Non solo: impone alla Grecia il pagamento del debito, ma poi gli vende le armi.
In mezzo a tutto questo, un Europa che non ha alcuna unità politica: anzi, la politica la detta la BCE, che presta soldi alle banche private all'1%, che a loro volta li prestano ai paesi a tassi più alti.
Perchè non li prestano direttamente ai paesi?
La lettera della BCE è stata un atto irrituale, ma questo è dovuto alla fragilità politica dei governi (e alla loro inazione, come in Italia). Questo da spazio alle speculazioni.
Il servizio, terminava con la storia di tre persone: il sicario dell'economia John Perkins, il presidente del Burkina Faso Thomas Sankarà che non voleva pagare i debiti del suo paese e un cantante islandese leader della rivolta.
Sankarà, non volle indebitare il suo paese, per rientrare nel debito (derivato dal periodo colonialista), preferendo investirlo in suola e sanità.
Fu ucciso nel 1987.
Perkins, ex economista che lavorava per società americane (e legate al governo), era uno di quelli che andava dai paesi del terzo mondo per farli indebitare (con progetti che non si potevano ripagare), per imporre poi la svendita dei beni di quei paesi. Il tutto per soddisfare gli interessi delle corporations: in Africa, come in Iraq, dove i soldati non muoiono per il loro paese.
In Islanda, il vecchio governo di centrodestra aveva indebitato il paese, svuotato le banche e piazzato amici nei posti di comando. Arrivati sull'orlo della crack, il paese si è rivoltato e a deciso di votare ad un referendum contro la proposta di pagare i debiti con le banche straniere.
Ci sono riusciti.
Ma forse l'Islanda è un paese troppo lontano e piccolo, da essere preso come esempio. Ma almeno, come cittadini (e non sudditi) dovremmo pretendere chiarezza alle banche, alle agenzie di rating, al mercato:

Sul debito è cresciuta un’economia vigorosa, i profitti sono finiti poi nelle mani di pochi ingordi, che si stanno mangiando anche gli stati, grazie ad una politica o incapace o collusa. L’esempio dell’Islanda è illuminante, anche se è un paese piccolo. Dimostra che i cittadini, volendo, possono innescare un cambio di modello. Si può e si deve pretendere di sapere tutto di colui a cui consegniamo le chiavi di casa: se è capace, se è in conflitto, qual è il programma, altrimenti lui te la svaligia, e ti poi dice “aspetta la ripresa dei mercati”.

Qui il pdf della puntata.


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