REPUBBLICA DI SANGUE – ottava parte
Ettore tormenta nervosamente il manico della sciabola, mentre con l’altra mano si stringe il bavero della divisa. È quasi Maggio, ma la notte sulla terrazza di Castel Sant’Angelo è ventosa, e fresca.Sposta gli occhi di continuo, Ettore, da un Cagliostro all’altro. Due figure così simili, identiche in ogni minimo particolare, con le stesse movenze, capaci di comunicare senza neppure dover profferir parola, non le aveva viste mai. Scrolla le spalle per mandar via un brivido.Omuncoli, li ha chiamati il conte.Quando sono usciti tutti e quattro, nudi e ricoperti di segni e simboli tatuati sulla pelle bianca e flaccida, Ettore ha dovuto trattenere un conato.
«Sono fantocci con le mie sembianze, nient’altro.» aveva spiegato il conte «Non c’è nulla che sia materia vivente, in questi simulacri. Obbedienti servitori che sapranno eseguire i miei ordini meglio di chiunque altro.»
Saffi era stato titubante. Poi, quando aveva sentito i primi colpi d’artiglieria, si era convinto che quella fosse la soluzione migliore.
Nel pomeriggio, l’assalto delle truppe francesi aveva mandato la difesa di Roma nel caos. Nel giro di un’ora i soldati si erano trovati a combattere i nemici fuori e dentro le mura. Nemici senza corpo, senz’anima, ma con i volti dei loro commilitoni.Porta San Lorenzo era caduta poco prima del tramonto, i Notturni seminavano il panico tra i difensori. Uno sparuto gruppo di bersaglieri si era asserragliato in San Giovanni.
Alla fine Saffi aveva deciso di seguire l’Omuncolo sulla chiatta ancorata vicino Ponte Sisto. Pietro, con riluttanza, si era fatto convincere ad accompagnare l’Omuncolo nel giardino dietro Palazzo Salviati, a metà strada fra il fiume e Castel Sant’Angelo.Faina, con l’aiuto di una decina di volontari, aveva ammucchiato un’enorme catasta di pezzi di legno e mobilio al centro di Piazza San Pietro.Infine Ettore aveva deciso di rimanere con il vero Cagliostro, sulla terrazza.
«Fai cenno al tuo amico, ché è ora.»Cagliostro parla senza distogliere lo sguardo dall’Omuncolo, che traccia segni col carbone sul pavimento della terrazza.
Ettore armeggia con la lanterna sulla balaustra. Di lì a poco, la legna di Piazza San Pietro comincia a bruciare.
«Segnala anche al signor comandante, che faccia prendere il largo alla barca.»
Mentre raggiunge l’altra lanterna, Ettore si accorge con la coda dell’occhio che l’Omuncolo ha finito col carbone. In un goffo tentativo di imitare l’essere umano, la creatura cerca di pulirsi le mani sudice strofinandosele addosso.Con un ultimo –clic- lo sportellino della lanterna torna in posizione.Ettore non fa in tempo a voltarsi che due braccia scheletriche lo imprigionano in una morsa.Volta la testa e vede l’Omuncolo che lo sta tenendo fermo, lo sguardo vacuo.La creatura ha una forza che il corpo ossuto non dimostra, la stretta gli imprigiona le braccia e gli mozza il respiro. Lo colpisce con una testata, sente le ossa scricchiolare, ma niente.L’Omuncolo lo costringe a voltarsi, lo spinge verso Cagliostro.Ettore scorge nelle mani del conte il baluginio di due lame.
continua...