Quarto articolo: La crisi non è finita, strategie di sopravvivenza in età post-moderna
La resilienza deriva dalle scienze dei materiali e indica la proprietà che alcuni modelli hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri e azioni che possono essere appresi da chiunque, va intesa come una funzione psichica che si modifica nel tempo, in rapporto all’esperienza, ai vissuti, e soprattutto al modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendano. L’esposizione alle avversità sembra rafforzarla ,piuttosto che indebolirla.
Nel tentativo di tracciare le caratteristiche delle persone resilienti, sono state compiute numerose ricerche secondo cui tali individui sembrerebbero avere un quadro di personalità caratterizzato da livelli maggiori di perseveranza, umorismo, ottimismo, speranza, curiosità, creatività,, umiltà, empatia, gratitudine e altruismo. La resilienza intesa come la capacità degli individui di affrontare e superare con successo le avversità importanti della vita, può essere assimilata alle Tecnologie del Sé descritte da Foucault. Queste permettono di eseguire operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima, dai pensieri al comportamento, al modo di essere, e di realizzare una trasformazione di se stessi allo scopo di raggiungere uno stato caratterizzato da felicità,purezza, saggezza. Secondo Foucault prendersi cura di se stessi comportava: un atteggiamento generale verso il mondo, gli altri,se stessi; una forma di attenzione consistente nel vigilare su ciò che accade al pensiero (riflessività); un’azione esercitata su di sé attraverso la quale ci si modifica,ci si trasforma, ci si trasfigura. Le Tecnologie del Sé possono essere concettualizzate come delle competenze di ordine superiore, o metacompetenze, trasversali rispetto ai contesti. In una posizione centrale, all’interno di questo complesso mix di competenze,riteniamo opportuno collocare la resilienza, come una competenza che consente agli individui di agire sul proprio flusso narrativo, interpretando gli eventi e reinterpretando la propria storia, attraverso una trasfigurazione del proprio Sé. Essere resiliente significa saper vivere da protagonista la propria vita, riducendo la dipendenza dal proprio contesto. I soggetti resilienti sanno e possono essere discontinui rispetto al proprio passato e proprio per questo sono guardati con ammirazione per le loro capacità di autodeterminarsi.
In un periodo storico in cui il cambiamento sembra essere l’unica costante, in cui la crisi non è più un evento sporadico ma ciclico e ricorrente, la più importante delle competenze è la capacità di ambientarsi. Ambientarsi non significa un adeguamento passivo al contesto ma – piuttosto– la capacità di ridisegnare la relazione con il proprio ambiente, valorizzando se stesso e il proprio contesto. Ambientarsi è la capacità di progettare il proprio sé e mettere in atto il proprio progetto. In questi termini, la resilienza non è la ricerca dell’omeostasi ma dell’ollostasi, ossia il mantenimento della stabilità attraverso il cambiamento. L’allostasi (e la resilienza ) riguardano tutti i sistemi: l’individuo, la famiglia, il gruppo in cui si fa parte e la società nella quale si vive.
Wolin e Wolin (1993), hanno identificato le seguenti caratteristiche degli individui resilienti: intuizione, indipendenza, creatività, umorismo, iniziativa, relazioni sociali e orientamento morale. La presenze di queste caratteristiche presuppone la possibilità di superare le avversità.
A sua volta,Richardson (2002) propone quattro categorie in cui è possibile far rientrare le caratteristiche delle persone resilienti: spontaneità, etica, intuito e nobiltà d’animo.
Secondo Mallak (1998) la resilienza è l’abilità di un individuo o di un’organizzazione di progettare e incrementare comportamenti adattivi positivi a seconda della situazione nella quale ci si trova e riducendo al minimo stress correlato.
Secondo S. Koboso, psicologo dell’Università di Chicago, le persone che meglio riescono a fronteggiare le contrarietà della vita , i più resilienti appunto,mostrano i seguenti tre tratti di personalità: l’impegno, il controllo e il gusto per le sfide:
-l’impegno è la tendenza della persona a farsi coinvolgere dalle attività, si dà da fare e non abbandona facilmente il campo, valuta le difficoltà realisticamente, ha degli obiettivi e crede nelle cose che fa;
-il controllo , si intende che la persona ha la convinzione di non essere in balia degli altri. E’ pronto a modificare, anche radicalmente, le proprie strategie, prende tempo e sa aspettare;
- il gusto per le sfide fa riferimento alla disposizione ad accettare le sfide, vede gli aspetti positivi delle trasformazioni e minimizza quelli negativi, vive il cambiamento come un incentivo a crescere e non come una difficoltà da evitare.
Impegno, controllo e gusto per le sfide sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e modificati. La fase di caotici e repentini cambiamenti in atto nell’era post-moderna presuppone un lavoro di consapevolezza di sviluppo della resilienza in ambito della scuola, della cura e nei luoghi di lavoro. Il lavoro che si fa in ambito delle psicoterapia è sviluppare capacità di adattamento creativo alla vita, nella formazione proficua è incentivare la libertà di pensiero e conoscenze utili alla crescita delle persone e nei luoghi di lavoro promuovere inclusione, coesione e innovazione. Possiamo prendere per buone le tre parole su cui si ispira la strategia di Lisbona per lo sviluppo dell’Unione Europea fino al 2020: intelligenza, sostenibilità e inclusività.