Resistenza operaia

Creato il 02 dicembre 2010 da Renzomazzetti

alba di liberazione.

 L’attività clandestina fatta da tanti anni nella Piaggio di Pontedera da gruppi di operai esplose clamorosamente il 25 luglio 1943, quando la radio disse che Mussolini era stato arrestato e che il fascismo era caduto; gli operai si fermarono, un attimo di perplessità e poi via in tutti gli uffici e nei piazzali. Tutti i quadri dei fascisti, le insegne, le scritte finirono nel fuoco o furono cancellate. Sembrava che tutto fosse finito, c’era gioia, contentezza fra tutti, la guerra sembrava finita. Ma anche in questo momento il Governo mostrò la sua volontà. D’accordo via il fascismo, però niente doveva cambiare. Infatti il primo atto fu quello di far nuovamente arrestare gli antifascisti. Il 26 luglio i carabinieri si presentavano alla portineria e arrestavano il Sindaco socialista di Pontedera e il segretario della Federazione Giovanile Comunista e un gruppo di giovani che erano stati i più attivi il giorno prima. Furono chiari i propositi dei nuovi governanti. Bisognava riprendere l’attività clandestina contro il nuovo governo e contro la guerra.

Dicembre 1943: i tedeschi occupavano l’Italia. Un gruppo sparuto di pontederesi aveva ricostruito il fascio repubblichino e sembrava che l’ombra dell’aquilone schiacciasse di nuovo Pontedera. Nella Piaggio (allora gli operai occupati nello stabilimento erano oltre undicimila) un gruppo di operai lavorava accanitamente per costituire il Partito Comunista. Difficile era il lavoro clandestino; fuori i tedeschi con i mitra e la minaccia di deportazioni; dentro i repubblichini, le spie, i ruffiani pronti a denunciare. Bisognava muoversi, dovevamo allinearci al Nord, ai compagni operai delle grandi fabbriche. Nel gruppo dei comunisti corse la parola: < Bisogna fare sciopero! > Molti di noi domandavano < Cos’è lo sciopero?! > Vent’anni di fascismo avevano fatto dimenticare questa parola. < Come si organizza? > < Lo faranno gli operai?? > < Ci seguiranno??? >. Se non fosse riuscito, per molti voleva dire la deportazione o forse peggio. Ma bisognava farlo!! La Commissione interna allora era diretta da un vecchio socialista che si disse pronto. Le parole correvano fra le macchine: < Via i tedeschi. Vogliamo il pane per i nostri figli. Più salari per tutti; abbasso la guerra!! >. Questo dicevano gli operai. Ma riuscirà lo sciopero?

23 Dicembre – ore 10: con la tracotanza solita i dirigenti dicono che non avrebbero pagato il salario. I compagni si guardano; il capo della Commissione interna, dagli sportelli del magazzino, fa strani segni, sembra che voglia spiegare qualcosa con le mani. Che dici?? Sciopero, cessate il lavoro. E’ questo che ci diciamo con gli occhi. Un attimo, un pensiero a cosa fare e poi via fra le macchine. Alle 11 le macchine dei compagni si fermano, martelli cessano di battere le lamiere. Ci guardiamo con gli altri, solo alcuni secondi poi lo stabilimento si ferma. Abituati al chiasso, quel silenzio ci pesa sul cuore ma ci fa bene: ci siamo. I vecchi piangono dalla gioia; noi li guardiamo e ne siamo fieri. Visco abbraccia i compagni accanto. I distintivi dei repubblichini volano nelle stufe interne dello stabilimento. Portos << l’ingegnere >> ha paura, è bianco e rimpiatta le baldanzose fotografie. Un dirigente va dal << biondo >> e gli dice: Lavora!!, e gli attacca la macchina. E’ un attimo. Il << biondo >> gli dà una botta nella mano, ferma la macchina e gli dice : << si levi di qui. E’ sciopero!! >> . << L’ingegnere >> si guarda attorno e scappa. Contemporaneamente corre la voce che i tedeschi hanno circondato lo stabilimento. Non c’è timore, lo sciopero continua, nessuno si muove.

Ore 16: riunione nel refettorio. Il segretario della Commissione interna dice: << Compagni, abbiamo vinto. Piaggio ha ceduto. La vostra unità lo ha piegato >>. Neppure i tedeschi hanno il coraggio di fare repressioni. E’ veramente la vittoria. Anche noi abbiamo chiesto: pane, benessere e pace. Da quel momento le lotte furono più frequenti. Gli operai della centralina, la nuova arma che doveva dare la possibilità di abbattere gli apparecchi alleati, scioperarono a più riprese, così pure l’officina dei mozzi. Furono le lotte che prepararono i partigiani, i gappisti e i sappisti. Infatti su al Nord come in Toscana gli operai della Piaggio furono, assieme agli altri, i fautori della Resistenza. -Manlio Citi, La Resistenza operaia alla Piaggio di Pontedera-

C A L V A R I O

Inquiete pupille frugarono

lontani e vuoti orizzonti

inseguite da visioni paurose.

Torturati piedi

pestarono gelide nevi

senza speranza di sosta

in quell’inverno rabbioso

ululante da orride gole

tedeschi grida di resa.

Dal Montenegro impervio

alle bianche lande

della Bosnia infida

solo Dio

vide membra intirizzite e scarne

infiammarsi alle lotte

ed abetaie silenti

infuriarsi di spari

e scaldarsi di sangue.

Pochi vedemmo il nuovo sole

scioglier le nevi

e con le nevi il sangue.

Ceme bella appare a noi

la primavera!

Come triste il ricordo

di quei morti!

Partigiani.

… e muti fra le soste di fuoco

ornammo di rozze croci

l’umide fosse.

Nell’agosto

inseguiti

ci videro

i superbi gioghi del Durmitor.

Il sole alto sulle chine teste

e intorno odor di secco

torturarono le gole.

Inseguiti ci videro

i verdi altipiani di Negobudje

e i pallidi fiori

s’arrossarono di morte.

Pochi restammo alle future ire

dei nemici e del tempo

ma il cielo generoso d’azzurro

a noi riflesse

la lontana terra

e quella terra ravvivò il fuoco

per l’ultime battaglie.

Inseguitori impaghi

ci videro le nevose groppe

da Gacko a Nevesinje

da Mostar a Sarajevo

fino a mozzare l’ira nemica

in cupe deserte forre.

Solo noi pochi

vedemmo i morti

solo noi pochi

esultammo di libertà

e invasi da spirito nuovo

sciogliemmo al vento

canti per nuove lotte.

-Plinio Bianchi-

(1946)

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