Respiro, originale testo di Maria Teresa De Carolis, sarà in scena fino ad oggi domenica 19 aprile al teatro Lo spazio di Roma.
Lo spettacolo, dramma trasversale che si ambienta parallelamente nella città di San Pietroburgo negli anni ‘70 del 900 e in un campo di concentramento a Ravensbuck, nei giorni vicini alla liberazione, ruota attorno al destino di una donna e di suo figlio.
Respiro attraversa il dramma dell’olocausto mostradone i complessi effetti psicologici e interiori, a distanza di trent’anni, all’interno di un nucleo familiare ossessionato dall’eco del ricordo.
Kolia e sua madre, che agiscono sui due estremi del palcoscenico, sono chiusi e arginati in due vite separate: Kolia (un convincente Daniele Ferrari) è disperatamente solo, depresso e poco disposto a superare la stasi che non gli consente di conoscere il suo passato; Elena, (Vincenza Renata li Gioi) è assalita dai ricordi e dal desiderio di ricucire il rapporto con il figlio, che non l’ha mai conosciuta.
I due protagonisti vivono il loro dramma conducendo solitudini esistenziali, nelle quali si intravedono frammenti di ricordi che li lacerano interiormente o un passato che non vuole essere accettato (come nel caso di Kolia).
La tripartizione del palcoscenico è funzionale e adatta alla messa in scena: mentre il centro del palco ruota attorno all’azione scenica di madre e figlio, (anni 70 del 900) sulla destra, Elena, appare da giovane, internata nel campo di concentramento di Ravensbruck e intenta a sopravvivere, cercando di superare al meglio la disperazione di quei giorni (ultimi giorni prossimi alla liberazione)
La narrazione, infatti, cambia spesso visione spaziotemporale, catapultando (da San Pietroburgo) lo spettatore negli orrori di un campo di concentramento di Ravensbuck: la disumanità viene trattata e trasmessa senza eccessi e senza retorica, ma con una cruda essenzialità che non ha bisogno di orpelli o inutili rifiniture.
Daniela Cavallin, nei panni della kapo, interpreta la parte, rendendola umanamente crudele: la sua recitazione, risulta naturale e libera da stereotipi o esagerazioni.
L’orrore e la disumanità non sono mai enfatizzate: i toni naturali, a tratti sussurrati, rendono originale, sfaccettata, e “umana” la sua “anima nera”.
La tripartizione del palco non è solamente funzionale al parallelismo spaziotemporale scelto per raccontare il dramma, ma anche per trasmettere la solitudine che ciascun personaggio vive con il dolore o con le conseguenze che il dramma ha causato nelle esistenze private.
Kolia, Mathilde, Elena, Denis (lo psichiatra che ha in cura Kolia) e Rosa (un’altra prigioniera) sono legati dal comune destino di non riuscire a sottrarsi dalle conseguenze di un passato che non lascia mai liberi.
L’interpretazione degli attori è naturale, poco enfatica e rende il racconto intimo e più vivo: tanto Daniele Ferrari (nella parte di kolia) quanto Vincenza Li gioi, nei panni di una madre ossessionata dai ricordi, sono profondamente naturali, rendendo credibile il difficile rapporto tra due destini accomunati da un passato drammatico.
Le musiche, composte dal maestro Adriano Dragotta, si sposano perfettamente con la sobrietà dell’atmosfera, e ne sottolineano l’aspetto introspettivo.
La regia di Luca Olivieri è essenziale ed efficace rendendo fruibile e coinvolgente una tematica battuta e facilmente oggetto di retorica.
Written by Sarah Mataloni