L’illusione del libero arbitrio, oltre ad essere sostenuta dagli sviluppi delle neuroscienze, trova conforto anche in una prospettiva extra scientifica, meramente culturale. Anche a non voler credere nella preponderanza dell’impulso sulla coscienza, risulta evidente che la scelta sia fortemente condizionata dal vissuto dell’individuo, dal suo substrato culturale e dall’ambiente, tutti elementi che travalicano abbondantemente la sua volontà. Per questo ritengo mistificante l’accertamento della capacità di intendere e di volere nella formulazione della pena.
L’incapacità d’intendere e volere annulla ogni minimo potenziale della pena come veicolo di redenzione attraverso l’espiazione. Considerarla un’attenuante di un delitto vanifica quell’unico afflato di reale giustizia di cui è portatrice la pena: far si che il delitto non venga reiterato. La pena non può avere una giustificazione etica universalmente valida, ma deve rispondere in modo pratico alla salvaguardia del diritto alla libertà e alla sicurezza dei cittadini.