Restauro affreschi a Valvasone

Creato il 24 gennaio 2012 da Acetosella

Dopo il recupero degli affreschi, a soggetto araldico, (vedi qui) posti sulla facciata del negozio di elettrotecnica di Giuseppe Tonet, che un tempo costituiva parte delle dipendenze del castello, avvenuto su iniziativa del Circolo Erasmo di Valvason e della famiglia Gri, in memoria del compianto Bruno, appassionato studioso di araldica locale, ora sono stati restaurati altri tre dipinti murali, due a soggetto religioso ed uno profano. I lavori, finanziati dalla Regione, sulla scorta di un progetto trasmesso qualche anno fa, sono stati promossi dal Comune e magistralmente eseguiti dai restauratori Michele e Nicola Della Mora da Cordenons. L’intervento riguarda il consolidamento e il recupero di due dipinti collocati su pareti di edifici del centro storico e su un’abitazione disabitata in Via Roma. A seguito del recupero sono emerse, in particolar modo per gli affreschi posti in Via San Pietro e Via IV novembre, importanti novità tutt’ora oggetto di valutazioni e approfondimenti da parte del dott. Casadio della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Udine. In via San Pietro è stato riportato alla sua quasi primitiva bellezza un grazioso affresco policromo, databile verso la metà del ‘500 (la data riportata non è completamente leggibile). L’opera presenta particolare eleganza e, come si vede, non è sicuramente mano di un pittore popolare. Lo stile artistico si accosta molto alla pittura di Pietro da S.Vito, l’artista sanvitese che ha lasciato molte testimonianze in zona. In ogni caso se non attribuibile direttamente al maestro e sicuramente riconducibile alla sua cerchia.

Il dipinto, arricchito di decorazioni floreali, raffigura una Madonna con Bambino e i Santi Sebastiano e Rocco. Una nota storica va spesa anche per il fabbricato sulla parete del quale l’affresco è stato realizzato. Secondo la tradizione questa sarebbe la casa in cui abitò (per taluni anche nacque), ospite dello zio Pietro uditore dei Conti di Valvason, il venerabile Giovanni Andrea Carga (1560-1617), eletto vescovo di Syros, che morì martire, appeso dai turchi all’albero di una galera, in quell’isola greca, ove era tenuto in tanta venerazione che, ancora vivente, lo chiamavano Agios Andreas (che vuol dire Santo Andrea).

L’altro affresco, posto in Via IV novembre, è un monocromo di rosso veneziano, a varie intensità tonali, ed ha in se sicuramente del misterioso per la raffigurazione riprodotta.

E’ collocato sull’interessante edificio (ora proprietà Menini) ritenuto da diversi studiosi la “domus curiae”, luogo in cui, fino ad epoca napoleonica, si amministrava soprattutto la giustizia. Il lacerto di affresco, molto danneggiato sia per interventi antropici sia per gli agenti atmosferici, faceva sicuramente parte di una più ampia immagine. Nella parte tuttora visibile, rappresenta una figura, singolarissima, di difficile definizione: potrebbe raffigurare sia un giullare sia un “diavoletto”, con un cartiglio; la scritta è davvero poco leggibile. Forse è proprio all’originario uso dell’edificio che è da collegarsi l’immagine; quasi a monito o a rappresentare allegoricamente l’attività giudiziale che veniva svolta all’interno dell’edificio.

Di datazione più recente (1700) è invece l’affresco, testimonianza della religiosità popolare, collocato, in Via Roma (una copia del tutto simile, probabilmente dello stesso autore, è posta ai Fornasini in un fabbricato di proprietà Paron). E’ collocato in un edificio che costituiva, molto probabilmente, parte del palazzo di caccia, o l’abitazione della servitù, dei Conti di Valvason. L’immagine molto rovinata, raccolta in una cornice lignea, raffigura il quadro di una Madonna Bizantina ricoperta da una riza, e ciò rappresenta davvero una rarità per l’iconografia mariana della nostra zona, sostenuto ai lati da due padri, uno domenicano e l’altro servita. L’intento era sicuramente quello di richiamare, e riprodurre, la miracolosa immagine della Madonna Bizantina ora collocata in Duomo ma già presente nell’antica chiesa della Madonna delle Grazie e di San Giovanni, annessa al convento, che fu officiata prima dai Servi di Maria e poi dai padri Domenicani.

Attorno a questa immagine la tradizione popolare racconta di un fatto avvenuto in epoca immemorabile ed ulteriormente colorito dal tempo. Si narra di tal Francesco Del Pin (Pini ?) che, probabilmente ubriaco, scagliò uno zoccolo contro la sacra immagine lasciando uno sfregio sul viso della Madonna. Lo zoccolo ritornò indietro e colpì colui che lo aveva lanciato il quale perse, si ritenne per causa soprannaturale, anche l’uso del braccio con cui l’aveva tirato.

(articolo a cura di Maurizio Bellot)

 


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