"Frozen" è un denso e raggelante (nomen omen) thriller-drama dai risvolti splatter capace di tenere alto, per 90 minuti, il livello della tensione. E questo è il suo grande merito, la sua più grande forza. A ciò contribuisce molto la mano di Adam Green, ma soprattutto la splendida location, che evoca immediatamente un'angolazione climatica che può facilmente impressionare lo spettatore, che si trova direttamente coinvolto nella situazione. Gli elementi dell'horror sono rispettati a dovere, anche se il film non ha una componente mostruosa, ma riesce a colpire con una storia ancorata al reale, che si manifesta, a sua volta, nella natura spettrale, selvaggia, darwiniana, desolata e desolante dell'impianto sciistico. "Frozen", in questo senso, è il contraltare meno riuscito di "127 Ore" di Boyle, solo che invece di un riaggiornamento del tema attraverso elementi tecnici e formali di nuova portata, si limita a riproporre una regia classica e l'uso di un facile montaggio, anche sonoro, per esprimere il senso di oppressione con una prevedibilità al contempo priva di idee, ma anche facile. In questo senso, nonostante l'atipicità della location (una funivia sospesa nel vuoto), Adam Green non ha un coraggio da vendere, ma solo l'indiscutibile mestiere di tenere in riga elementi tradizionali del genere, a cui aggiungere, appunto, una sceneggiatura standard, non particolarmente brillante (e qui i problemi aumentano, tanto che molte sequenze sono zeppe di dialoghi troppo elementari e carichi di qualche pizzico di retorica, per non dire banali/qualunquisti/ridicoli), con tematica amorosa/affettiva dominante (e il solito triangolo relazionale) e qualche tocco di splatter eccessivo soltanto nella parte finale. Niente di nuovo, ma la tensione c'è, lo spettacolo paesaggistico aiuta, la recitazione è su un livello medio-basso (d'altronde gli attori non sono di prima fascia) e ciò consente di evitare esagerazioni e concentrarsi sul film in sè. Piacevole.
"Frozen" è un denso e raggelante (nomen omen) thriller-drama dai risvolti splatter capace di tenere alto, per 90 minuti, il livello della tensione. E questo è il suo grande merito, la sua più grande forza. A ciò contribuisce molto la mano di Adam Green, ma soprattutto la splendida location, che evoca immediatamente un'angolazione climatica che può facilmente impressionare lo spettatore, che si trova direttamente coinvolto nella situazione. Gli elementi dell'horror sono rispettati a dovere, anche se il film non ha una componente mostruosa, ma riesce a colpire con una storia ancorata al reale, che si manifesta, a sua volta, nella natura spettrale, selvaggia, darwiniana, desolata e desolante dell'impianto sciistico. "Frozen", in questo senso, è il contraltare meno riuscito di "127 Ore" di Boyle, solo che invece di un riaggiornamento del tema attraverso elementi tecnici e formali di nuova portata, si limita a riproporre una regia classica e l'uso di un facile montaggio, anche sonoro, per esprimere il senso di oppressione con una prevedibilità al contempo priva di idee, ma anche facile. In questo senso, nonostante l'atipicità della location (una funivia sospesa nel vuoto), Adam Green non ha un coraggio da vendere, ma solo l'indiscutibile mestiere di tenere in riga elementi tradizionali del genere, a cui aggiungere, appunto, una sceneggiatura standard, non particolarmente brillante (e qui i problemi aumentano, tanto che molte sequenze sono zeppe di dialoghi troppo elementari e carichi di qualche pizzico di retorica, per non dire banali/qualunquisti/ridicoli), con tematica amorosa/affettiva dominante (e il solito triangolo relazionale) e qualche tocco di splatter eccessivo soltanto nella parte finale. Niente di nuovo, ma la tensione c'è, lo spettacolo paesaggistico aiuta, la recitazione è su un livello medio-basso (d'altronde gli attori non sono di prima fascia) e ciò consente di evitare esagerazioni e concentrarsi sul film in sè. Piacevole.
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