Review: …E ora parliamo di Kevin (2011)

Creato il 29 febbraio 2012 da Kurtelling

E ora parliamo di Kevin può essere tradotto tramite due chiavi di lettura, lasciate libere dall’autore del romanzo omonimo da cui è tratto; nella prima, ci si interroga sul percorso psicologico di Kevin, tramite una piramide di interrogativi: Perché Kevin odia sua Madre? Perché è così cattivo, per non dire diabolico? Ci si potrebbe interrogare su quanto la psiche di Eva, ritrovatasi portata via dalla sua vita così libera, dove inseguiva non altro che i suoi sogni e le sue fantasie, per un errore, per un amore forse passeggero; quanto queste frustrazioni hanno contribuito a ereggere una barriera, tra lei e il suo appena nato primogenito, e quanto la predisposizione di quest’ultimo ad un atteggiamento di naturale ostilità a contribuito a creare un rapporto di odio tra lui e sua madre, un imprescindibile odio, che con il passato degli anni, è sprofondato sempre di più, in quel torbido confine. Forse la storia di Eva e Kevin è tutto ciò, tassello dopo tassello, entrambi, e magari in primis Eva, hanno creato la persona che è diventata Kevin. Oppure arriviamo alla seconda chiave di lettura, Kevin è un personaggio assolutamente, ed esageratamente, parodistico; un essere di puro male, e per quanto Eva si interroghi sulle sue colpe, sui suoi peccati; essere una madre modello non avrebbe cambiato le cose; la loro storia è semplicemente un ritratto fantasioso, di una madre che avrebbe potuto avere tutto ma ha avuto Kevin, ha vissuto una vita infernale, senza nessun apparente motivo. Eppure cosa ci fa cadere sulla seconda ipotesi? Perché non può esistere nella realtà qualcuno come Kevin? Forse, perché non ne abbiamo mai incontrato uno…

Un ritratto inquietante e perturbante è quello che ci mostra la regista Lynne Ramsay, nell’adattamento del best seller, “We Need to Talk About Kevin” di Lionel Shriver. Per quanto dai primi minuti la pellicola possa sembrare lenta, il suo decollo è estremamente graduale, senza accorgersene si viene trascinati in un turbine di angosce, dal ritmo estremamente ridondante e ossessivo, la resa del personaggio di Eva è straordinaria, tant’è che si viene a pensare di essere letteralmente catapultati dentro la testa di questa donna, vivendo attraverso i suoi occhi, ci si immedesima istintivamente in lei e si soffre insieme a lei, merito non per altro, di una straordinaria Tilda Swinton, in grandissima forma; tormentata, cupa, malinconica e isterica; ogni sfumatura del personaggio non viene a mancare, e l’esordiente Ezra Miller rende con fedeltà il diabolico Kevin; scelta assolutamente azzeccata. Meritevole una regia efficacie, che spazia da percorsi quasi psichedelici, all’estremo minimalismo; cattura l’altalenamento della pazzia e dell’oblio, del vuoto, dei due personaggi protagonisti.

E ora parliamo di Kevin, riesce nel suo intento di suscitare un sussulto nello spettatore, quel sussulto che porta a mettere in moto il cervello, a farsi delle domande; non spenderete mai una lacrima per Eva, e non avrete ovviamente un lieto fine, i personaggi non avranno redenzione e nessun cambiamento potrà passare per la testa di Kevin, neanche, e scusate lo spoiler, anni di prigione, e la visione di quel falso dolore sul suo viso potranno convincerci che è cambiato, così come non hanno convinto Eva; così come ci lascia nel finale del film; a volte tutto quello che si conosce sull’essere umano, sull’umanità, sui sentimenti comuni, non può essere applicato; i mostri esistono, e non solo nei nostri incubi.

voto: 9


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