Poteva essere amore, invece è un calesse. I luoghi comuni, spesso, aiutano a definire un film in modo sintetico. La storia delle Runaways, gruppo cazzuto anni '70, arriva al cinema. Dirige Floria Sigismondi, un nome noto, notissimo, ai videoclippari, artefice di grandi genialate che hanno tracciato la storia della musica (visiva). Della Sigismondi eversiva, avanguardista, polemica dei video non c'è nulla nel film. La macchina da presa al massimo si limita a qualche movimento accattivante, peraltro poco originale. E se antinconformista è la solita scena lolita-lesbo, beh, allora si capisce che il film sia confezionato ad uso e consumo di un certo pubblico, post-adolescenziale, fan del gruppo o delle attrici protagoniste, oltra a qualche incauto avventore. La Sigismondi tende a scimmiottare la Coppola, nell'affresco giovanile. Peccato che sbagli strada e inquadri un mondo borderline tra felicità e violenza, con tutta la noia, lo stereotipo, la lentezza possibili. Della storia del gruppo non rimane che qualche brano, e qualche scimmiottamento, mentre si esagera l'elemento di sregolatezza. Michael Shannon, nelle vesti del manager, continua a seguire la parte che gli è più congeniale: interpretare il pazzo/pazzoide. Ed è pessimo. Le due starlette non ce la fanno a portare a casa il ruolo. Se una, Kristin Stewart, ovvero "la donna che non ride mai", è incapace di dare un minimo di colore a Joan Jett, l'altra, Dakota Fanning, avvantaggiata da un copione ad personam, interagisce e costruisce il carattere di Cherie Currie, ma sembra sempre in bilico tra l'atteggiamento efebico-informe tipico della sua età e della confromazione fisica (come la sorella, d'altronde) e un'impossibilità di spiccare il volo. La scelta delle due è compendiaria, in quanto espressione di un medesimo atteggiamento schivo e perfezionista, che con le Runaways c'entra ben poco. Le altre componenti del gruppo non sono pervenute, nel senso che fanno da comparsa. Alla fine, i live salvano il film dalla noia, ma l'effetto "Quasi famosi", peraltro a sua volta imperfetto, è fuori dalla portata di un team di lavoro impreparato.
Poteva essere amore, invece è un calesse. I luoghi comuni, spesso, aiutano a definire un film in modo sintetico. La storia delle Runaways, gruppo cazzuto anni '70, arriva al cinema. Dirige Floria Sigismondi, un nome noto, notissimo, ai videoclippari, artefice di grandi genialate che hanno tracciato la storia della musica (visiva). Della Sigismondi eversiva, avanguardista, polemica dei video non c'è nulla nel film. La macchina da presa al massimo si limita a qualche movimento accattivante, peraltro poco originale. E se antinconformista è la solita scena lolita-lesbo, beh, allora si capisce che il film sia confezionato ad uso e consumo di un certo pubblico, post-adolescenziale, fan del gruppo o delle attrici protagoniste, oltra a qualche incauto avventore. La Sigismondi tende a scimmiottare la Coppola, nell'affresco giovanile. Peccato che sbagli strada e inquadri un mondo borderline tra felicità e violenza, con tutta la noia, lo stereotipo, la lentezza possibili. Della storia del gruppo non rimane che qualche brano, e qualche scimmiottamento, mentre si esagera l'elemento di sregolatezza. Michael Shannon, nelle vesti del manager, continua a seguire la parte che gli è più congeniale: interpretare il pazzo/pazzoide. Ed è pessimo. Le due starlette non ce la fanno a portare a casa il ruolo. Se una, Kristin Stewart, ovvero "la donna che non ride mai", è incapace di dare un minimo di colore a Joan Jett, l'altra, Dakota Fanning, avvantaggiata da un copione ad personam, interagisce e costruisce il carattere di Cherie Currie, ma sembra sempre in bilico tra l'atteggiamento efebico-informe tipico della sua età e della confromazione fisica (come la sorella, d'altronde) e un'impossibilità di spiccare il volo. La scelta delle due è compendiaria, in quanto espressione di un medesimo atteggiamento schivo e perfezionista, che con le Runaways c'entra ben poco. Le altre componenti del gruppo non sono pervenute, nel senso che fanno da comparsa. Alla fine, i live salvano il film dalla noia, ma l'effetto "Quasi famosi", peraltro a sua volta imperfetto, è fuori dalla portata di un team di lavoro impreparato.
Possono interessarti anche questi articoli :
-
Recensione: Mud
Genere: DrammaticoRegia: Jeff NicholsCast: Matthew McConaughey, Reese Witherspoon, Michael Shannon, Sam Shepard, Sarah Paulson, Ray McKinnon, Joe Don Baker,... Leggere il seguito
Il 29 aprile 2015 da Mattiabertaina
CINEMA, CULTURA -
Film stasera in tv: L’UOMO D’ACCIAIO (dom. 26 apr. 2015, prima tv in chiaro)
L’uomo d’acciaio, Italia 1, ore 21,20. Prima tv. L’uomo d’acciaio (Man of Steel), un film di Zack Snyder. Con Henry Cavill, Amy Adams, Michael Shannon, Kevin... Leggere il seguito
Il 26 aprile 2015 da Luigilocatelli
CINEMA, CULTURA, PROGRAMMI TV, TELEVISIONE -
anime disidratate...
Jake Paltrow, fratello minore della ben più nota Gwyneth, torna alla regia (dopo aver scritto libri e girato The Good Night) con questa interessante pellicola d... Leggere il seguito
Il 27 marzo 2015 da Omar
CULTURA, LIBRI -
Chi è senza colpa... non la dia a me
Condividi Chi è senza colpa (USA 2014) Titolo originale: The Drop Regia: Michaël R. Roskam Sceneggiatura: Dennis Lehane Ispirato al racconto: Animal Rescue di... Leggere il seguito
Il 23 marzo 2015 da Cannibal Kid
CULTURA -
Mud
(Mud) Regia di Jeff Nichols con Matthew McConaughey (Mud), Reese Whiterspoon (Juniper), Tye Sheridan (Ellis), Jacob Lofland (Neckbone), Sam Shepard (Tom... Leggere il seguito
Il 13 marzo 2015 da Nehovistecose
CINEMA, CULTURA -
Addio Richard Glatzer!
Richard Glatzer, il regista dell’ultimo Still Alice, strepitoso e commovente film che ha diretto insieme al marito Wash Westmoreland, si è spento all’età di 63... Leggere il seguito
Il 12 marzo 2015 da Taxi Drivers
CINEMA, CULTURA