Sono in corso nuovissimi scavi archeologici in un mega sito dell’Anatolia destinati a far emergere dal buio della storia un antico regno ricco ma ”dimenticato”, quello di Tuwana, cui verrà anche dedicato un museo a cielo aperto.
La segnalazione è stata fatta da Lorenzo d’Alfonso, un archeologo italiano che guida la missione congiunta delle Università di Pavia e di New York e che ha fornito dettagli sugli scavi in una conferenza stampa in cui, questo mese, sono stati illustrati a Istanbul i risultati delle missioni archeologiche italiane in Turchia.
Questa ”nuova scoperta” dell’archeologia preclassica, ”da portare avanti” nella Cappadocia meridionale, è stata fatta a ”Kınık Höyük”, ha detto lo studioso riferendosi ad un sito relativo soprattutto all’inizio del primo millennio avanti Cristo. L’area fa parte ”pienamente”, ha detto ancora d’Alfonso, del ”regno dimenticato” di Tuwana, finora noto attraverso geroglifici e alcune fonti dell’impero assiro ma ”mai studiato archeologicamente”: ”un sito assolutamente intatto, in cui nessuno ha messo mano” cercando di ”collocarlo storicamente per capire a che civiltà appartenga e che ruolo abbia svolto in questa regione”.
Quello di Kınık Höyük, ha sottolineato l’archeologo, per dimensioni ”è fra i siti di maggiori” dell’Anatolia preclassica, se si esclude la capitale degli Ittiti: le stime più caute lo inquadrano su 24 ettari ”ma i topografi ci dicono che potrebbe essere di 81 ettari”. A lavorarci è ”una missione totalmente nuova”, avviata congiuntamente solo l’anno scorso dall’Università di Pavia e da quella di New York, aperta a collaborazioni con università turche quali Erzurum e Nigde. ”Il sito era stato lambito da ricognizioni di un paio di colleghi, ma la sua importanza è emersa dalla ricognizione che abbiamo fatto noi”, ha detto d’Alfonso ricordando che ”la Cappadocia meridionale è importante perché aveva il controllo sulle Porte cilicie, ossia sul passaggio fra Oriente e occidente, e fra l’Europa e l’Asia”: insomma ”uno degli snodi più importanti” del mondo in quel periodo e al cui ”centro” si colloca Kinik Koyuk.
Quello di Tuwana era un piccolo stato cuscinetto fra il regno di Frigia e l’impero assiro ”e proprio per questo particolarmente ricco”: ”uno dei grandi temi del nostro studio è legato alla ricchezza culturale di questo regno”, ha sottolineato l’archeologo riferendosi soprattutto allo sviluppo dell’alfabeto. In particolare, ha notato d’Alfonso, sono state rinvenute nelle vicinanze tre stele di età del ferro, ”non in ottimo stato di conservazione” ma che dicono molto ”dell’importanza che doveva avere il sito”.
La strategia di scavo, ha riferito ancora l’archeologo, è stata guidata da ”prospezioni geomagnetiche compiute nel 2010 che avevano evidenziato uno stato di conservazione particolarmente significativo della cinta muraria dell’acropoli e di edifici al centro dell’acropoli stessa”: mura ”monumentali” scavate ”per un alzato che per arriva a sei metri” e in uno stato di conservazione ottimo (o almeno che ”non trova facili paragoni all’interno dei siti preclassici dell’Anatolia, in particolare di quella centrale”).
Delle mura ”è stato rinvenuto l’intonaco originale” e si punta ad un ”consolidamento in vista di un restauro” già a partire da quest’anno. Lo scavo infatti è stato ”pensato fin dall’inizio per una musealizzazione all’aperto”: Kınık Höyük, ha sottolineato D’Alfonso, è ”facilmente accessibile”.
Il suo ”punto di forza” è quello di essere a 45 minuti dai maggiori centri di attrazione turistica della Cappadocia (e a meno di 2 km da una delle maggiori arterie della regione, a 4 corsie).
Insomma è nel cuore di un circuito turistico fra i più importanti di tutta la Turchia e quindi, ha detto l’archeologo, il governo locale ”supporta pienamente la missione vedendo, in questa, una grande possibilità di sviluppo”.
fonte testo: antikitera.net