Riccardo Terzi e il lavoro perduto

Da Brunougolini
Il titolo è singolare e accattivante: “La pazienza e l’ironia” (Ediesse). Sono le due doti care all’autore, Riccardo Terzi, politico, sindacalista, studioso. Ha raccolto nel volume i suoi scritti in 30 anni di esperienze (1982-2010, prima nel Pci, poi nella Cgil). Un cervello autonomo non etichettabile in qualche corrente del passato o dei giorni nostri e lo si capisce passando in rassegna i testi. Ha scontato un atto di audacia politica solitaria. Aveva osato – unico tra i giovani leoni dell’epoca – criticare il compromesso storico berlingueriano.  E in queste pagine (precedute da uno scritto di Mario Tronti) ripercorre le sue battaglie politiche. 
Fin da quando, nel 1989,  spiegava che non bastava cambiare il nome, attraverso “una disputa tra burocrati e mistici”.  Occorreva saper uscire dalla tenaglia  “tra un pragmatismo  che non ha struttura,  non ha punti fermi” e  “l'illusione speculare di una rifondazione”. Così “abbiamo lasciato che il nostro cervello venisse bipolarizzato”, incapace “di vedere la complessità delle cose”. Non si trattava ”di essere filosocialisti o antisocialisti ma di essere compiutamente  e radicalmente una forza di trasformazione”. 
La polemica si dispiega, di pagina in pagina, contro  coloro che credono che la crisi della sinistra "sia da attribuirsi ad un eccesso di movimentismo e di radicalismo, chi pensa che la formula vincente possa essere una mimetizzazione della sinistra dentro una logica politica di tipo centrista". La sinistra, per non deperire,  “può solo fare un grande politica”, fondata sull’organizzazione della vita democratica, sull’organizzazione di spazi di partecipazione, sull’autogoverno (non sulla trasmissione del comando).
Ragionamenti che trovano  un filo conduttore nei temi del lavoro. Un filo che la sinistra sembra aver perduto: “Non risulta più con chiarezza la sua vocazione sociale, il suo ancoraggio nella materialità delle condizioni di vita e di lavoro e quindi diviene sfuggente e opaca la sua funzione di rappresentanza… La sinistra non è appesantita dal suo passato, dalle sue radici, ma è resa evanescente dal suo essere sospesa nel vuoto, senza tradizione e senza progetto storico”.
Eppure esiste la possibilità di riprendere il cammino “tra le potenzialità positive dell'individualizzazione del lavoro, come possibile crescita della conoscenza, dell'autoregolazione del tempo, dell'autonomia della persona” e la  prospettiva di precarizzazione, di esclusione. Un cammino difficile perché oggi “non c'è la chiarezza della meta, non c'è un percorso prestabilito, ma occorre procedere per tentativi, per esperimenti, pronti anche a scarti improvvisi” E’ come suonare una musica senza spartito, scrive Terzi.
Un libro davvero stimolante. Potrebbe essere utile anche alla discussione annunciata da un partito, il Pd, che non intende rinunciare a rappresentare il lavoro e che ha indetto, appunto, a Genova, il 17-18 giugno, una Conferenza nazionale “per il lavoro”. Apparirà qui la bozza di uno spartito?

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