Ricette di china: fumetti in tavola all’Eataly

Creato il 07 giugno 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Cosa hanno in comune un cuoco e un fumettista?

Da circa un anno su Lo Spazio Bianco, con la rubrica Ricette di china, cerchiamo i punti di contatto fra i personaggi dei fumetti e il cibo. Ma le similitudini fra i due ambiti sono più profonde di quanto traspaia da ricette e racconti: cucinare e far fumetti sono entrambe attività culturali e caratterizzanti (di un’epoca o di una società), e soprattutto sono state entrambe a lungo mansioni di poca considerazione (mangiare per nutrirsi, leggere fumetti per divertirsi) per raggiungere poi delle vette di popolarità e raffinatezza. Con l’importante differenza che le rispettive curve di popolarità non sono sincrone.
Il successo della cucina nella società occidentale ha avuto inizio nel XVIII secolo, quando gli aristocratici hanno cominciato a mangiare cibi diversi da quelli del popolo, e sono comparsi i primi cuochi professionisti; i fumettisti sono arrivati molto dopo. Perciò non stupisce che fra il primo best seller della cucina italiana e la sua versione a fumetti sia trascorso più di un secolo.

Stiamo parlando di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, volume ristampato ininterrottamente dal 1891, e della stessa opera nell’edizione Corraini accompagnata dai fumetti di Alberto Rebori, del 2001.
L’Eataly di Roma ha deciso di dedicare una mostra proprio all’opera di Rebori: “Fumetti in tavola” sarà visitabile fino al 30 settembre, al terzo piano del grande mercato di Oscar Farinetti.
Oltre alla “Scienza in cucina”, si espongono una storia inedita a fumetti di Rebori sull’origine del gorgonzola, tratta da un racconto di Sebastiano Vassalli, e alcuni schizzi e dipinti di contorno.

L’esposizione si colloca in un ciclo di eventi, in vista all’Expo 2015, il cui intento dichiarato è di indagare la relazione fra la cucina e le arti. Purtroppo, proprio da questo punto di vista, la mostra risulta un po’ carente: un’opera sola, o due se si considera anche l’inedito, non sono sufficienti a chiarire il rapporto generale fra cucina e fumetto.
A scusante di Andrea Tomasetig, libraio e curatore, c’è da dire che le opere sull’argomento di autori italiani non sono davvero molte: nell’ultimo anno, complice il successo televisivo dell’argomento, sono usciti alcuni albi come “Il trono di spiedi” dei Dentiblù e “Chef Rubio food fighter” per la Starcomics, ma niente di più. Oggi la casa editrice più sensibile all’argomento sembra essere la Bao Publishing, che ha avviato da pochi mesi la collana GraphiCuisine, in cui però al momento non sembra essere previsto l’inserimento di autori italiani.

Tuttavia la mostra risulta interessante, oltre che per l’esposizione di alcuni originali (la maggior parte sono stampe in tiratura limitatissima della versioni digitali), per la possibilità di scoprire l’opera di Rebori, passata per lo più inosservata o dimenticata.
Le tavole hanno infatti un taglio particolare
, essendo accompagnate in didascalia dal testo esatto di Artusi: attraverso gli atteggiamenti dei suoi moderni personaggi e le loro osservazioni in nuvoletta, Rebori evidenzia i corti circuiti interni all’opera (davvero si può ritenere che “la miglior morte” del piccione sia quella in umido con i piselli?) e quelli dovuti alla distanza temporale – sono diverse le parole di cui il significato non è più chiaro o le preparazioni oggi poco conosciute.

Per chi non ha letto l’Artusi originale, si tratta di un ottimo modo per avvicinarsi alle origini della cucina italiana.
E si può essere certi che Artusi, commerciante fiorentino oltreché scrittore e patriota, avrebbe apprezzato l’operazione: le molte edizioni della sua opera furono dovute anche alla volontà di integrare e aggiungere i suggerimenti ricevuti con piacere dai numerosi lettori, fino a raggiungere la ragguardevole cifra di 790 ricette e migliaia di copie vendute. Una mostra da visitare per trovare l’ispirazione in cucina e al tavolo da disegno.


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