A seguire alcune note su Castione Marchesi
Buona lettura.
-------------------- Note di viaggio
Castione Marchesi, una piccola frazione, un minuscolo agglomerato di case basse e strade strette, un borgo attorno al quale, ovunque si muova lo sguardo, sta la campagna, con il suo camaleontico eterno fascino, distesa verde e gialla, nascondiglio di fiori, sfondo a rami spettrali o fiabesco acquitrino…la vicinanza dell’autostrada ha imposto un grigio e pesante cavalcavia che sfocia direttamente nella prima parte del paese, ma basta addentrarsi poco di più per sentire che è il passato a riempire ancora l’aria in questo lembo di terra. Il borgo rappresenta una singolare peculiarità: non è riunito attorno ad una piazza centrale, come nella maggior parte dei nostri centri abitati, ma pressappoco allungato ai lati della medievale Abbazia di Santa Maria Assunta, immediatamente riconoscibile per la sua posizione leggermente sopraelevata. La stradina di accesso all’Abbazia inclina leggermente e l’entrata è un arco a tutto sesto, a mattoni a vista, in parte diroccato; il muro di sostegno dirupa dalla parte destra, quasi che i mattoni fossero enormi radici che cercano la profondità del terreno e sopra vi riposa un edificio che porta l’odore dei millenni. In cima all’arco di accesso un bassorilievo con figure sacre e un curioso grande orologio ramato sono le prime avvisaglie del mondo che si spalanca di dentro. Qui un cortile rettangolare chiuso solo due lati, uno dei quali, quello più breve, proprio di fronte, è l’entrata della chiesa vera e propria, mentre sul lato lungo si trova un edificio adibito ad abitazione. La lunga storia di questo luogo ne confonde la memoria, che parla di numerosissimi interventi tra risistemazioni e ristrutturazioni che ne hanno stravolto l’aspetto originario. Don Mario, il Parroco, racconta che ancora non esiste una bibliografia completa sulla storia di Castione Marchesi e della sua Abbazia, ma solo pezzi frammentari, per lo più estremamente tecnici e particolaristici, non storicamente significativi. Diventa necessaria quindi una buona dose di pazienza e fantasia per immaginare, a ritroso nei secoli, questo complesso architettonico e per decifrare il sentore di cose passate, di storie vissute. Certo è che fu fondato nel 1033 dal marchese Adalberto Pallavicino, signore della vicina Busseto, e da sua moglie. In seguito fu affidato ai monaci benedettini (“per la salute dell’anima nostra”), con una concomitante notevole donazione di beni. Si dice che tornare indietro nel tempo, a volte, è un gioco relativamente facile per l’immaginazione: nel nostro caso non è così quando leggiamo che il cortile nel quale ci troviamo e che stiamo raccontando era, di fatto, chiuso su tutti i lati, mentre i campi attorno apparivano riccamente coltivati e ridondanti di colori. Erano i tempi in cui fioriva il potere economico, religioso e politico dei benedettini, che di Castione fece un luogo molto florido. L’Abbazia era sede delle attività produttive benedettine, rifugio di pellegrini, meta delle preghiere di poveri e di signori. L’età d’oro durò fino almeno alla metà del 1400, quando divenne proprietà dei monaci olivetani, che apportarono delle sostanziali modifiche alla struttura originaria, come ad esempio il campanile, edificato in questo periodo. Dal 1700 ai giorni nostri l’Abbazia è poi passata in più mani, prima in quelle della diocesi parmense e successivamente, con l’avvento delle leggi napoleoniche sui beni ecclesiastici, agli Ospizi Civili di Parma e a privati. Per un tempo poi l’edificio venne chiuso al culto perché dichiarato pericolante. Solo negli anni Cinquanta sono iniziate le prime opere di restauro, intervenute su una situazione già notevolmente deteriorata e lontana dall’aspetto originario. Oggi, entrando all’interno della chiesa, il visitatore non si troverà travolto da un tripudio di cascate barocche, poiché lo stile è semplice e spoglio, più capace di raccontare il mistero degli antenati che parlano anche attraverso questo luogo. L’interno è caratterizzato da tre navate in cui è curioso notare come quella sinistra sia più larga di quella destra, lascito di una superstizione medievale per cui la perfetta simmetria veniva considerata in qualche modo diabolica. Le arcate a tutto sesto poggiano su capitelli decorati, con volte a crociera come copertura. Esternamente, sul lato destro della chiesa, sfuggendo alla geometria del cortile, un portico costeggia tutta la fiancata, con archi a tutto sesto sovrastati dal campanile che, da questa proiezione, esprime forse l’aspetto più suggestivo. L’ambiente circostante è di forte impatto rurale, dove la campagna assume la sua massima espressione, dove i portici si adagiano su una distesa di erba e cascate di edera. Sul retro, il muro tondeggiante che delimita la zona absidale, poggia su una piccola scarpata, e lì sembra sparirvi. Le ingiurie del tempo e dell’uomo attraverso i secoli hanno lasciato questo posto così, con i bordi sgretolati, mille anni di vita da raccontare e ancora tanti piccoli e grandi misteri trattenuti nelle sue mura. Si racconta, per esempio, di un passaggio sotterraneo segreto che collegava l’Abbazia al Monastero, situato in un altro punto del paese; passaggio che doveva forse garantire una via di fuga ai monaci in caso di assedio. Interessante anche l’iscrizione, all’interno della chiesa, che ricorda il fondatore, marchese Adalberto: “Non dubitar di credere custodito sotto questo marmo…” che lascerebbe presagire che il marchese sia sepolto qui, anche se in realtà non è noto il luogo della sua sepoltura. Ma Castione Marchesi conserva anche un altro mistero, ancora più antico, ancora più affascinante. Si racconta che poco lontano dall’Abbazia, verso la fine dell’Ottocento, vennero casualmente scoperti i resti di un insediamento palafitticolo risalente all’età del Bronzo, la cosiddetta “mariera” o “terramare”, probabilmente parte di un più esteso insediamento comprendente altri luoghi vicini come Cortemaggiore e Fontanellato; reperti che sono oggi conservati al Museo Archeologico di Parma. E allora l’immaginazione si inchina al fascino primordiale di questo luogo, toccato da mano d’uomo quando ancora la Pianura Padana era un grande mare, divenuto poi luogo di culto e di ritrovo nel lontano Medioevo e preservato, in parte, ancora oggi, dalle antiche mura che racchiudono la sua fantastica storia. testo a quattro mani con Laura Civardi http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane