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Richard Fariña è così giù che gli sembra di star su. L’autore cult da non dimenticare

Creato il 26 gennaio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Così giù che mi sembra di star su

di Iannozzi Giuseppe

“Questo libro arriva come un coro di alleluia intonato da duecento suonatori di kazoo perfettamente intonati”

Thomas Pynchon

Richard Fariña è così giù che gli sembra di star su. L’autore cult da non dimenticare
Richard Fariña incontrò Thomas Pynchon nell’ambiente universitario; Pynchon non ha mai negato di comprendere in Fariña un autore singolare dotato di grande umana capacità espressiva. Purtroppo, oggi, di questo autore ben pochi hanno memoria; eppure, il suo romanzo, “Been Down So Long It Looks Like Up To Me”, dopo la pubblicazione, divenne subito un testo di culto presso gli ambienti universitari, una sorta di bibbia, o testamento, per chi aveva incontrato Jack Kerouac e la Beat Generation.
Il romanzo di Richard Fariña, troppe volte, erroneamente è stato accostato e confuso con lo spirito della Beat Generation; in realtà, l’autore aveva poco o nulla a che vedere con la spiritualità adrenalinica della strada di Kerouac e con l’urlo di Allen Ginsberg. Era un personaggio solitario, chiuso nel suo mondo, ma anche capace di una grande umanità che riusciva a imporre con la sua semplice presenza. “Vigile su ogni cosa”, ricorda Thomas Pynchon nell’introduzione al romanzo di Richard Fariña.
“Been Down So Long It Looks Like Up To Me” è stato ingiustamente relegato nella dimenticanza; mancava da un po’ di tempo in libreria, e anche oggi, che è stato ristampato dai tipi Fandango in una ottima traduzione di Maurizio Bartocci, sembra che l’attenzione del pubblico e della critica sia stata pressoché vicina allo zero. Qualche critico benpensante ha subito bollato il romanzo come l’ennesimo “rapporto” sulle tensioni sociali e artistiche degli anni Sessanta, poi, subito è stato nuovamente dimenticato. Un simile atteggiamento critico, ritengo sia nocivo nei confronti della letteratura americana, quella grande che non è semplicemente accordo di nomi che vanno per la maggiore come Hemingway, Faulkner, Bukowski. Con ciò non intendo dire che questi autori non siano validi. Anzi! Piuttosto mi preme di evidenziare che, oltre ai nomi sulla bocca di tutti perché ritenuti (bollati) come classici, esistono anche altri artisti che hanno disegnato mirabilmente l’America e le sue contraddizioni e speranze, ma anche i suoi sogni, nonché lo spirito indipendente di tanti artisti in cerca di una realtà naturalmente reale.
Giusto è spendere almeno qualche parola per dire chi è stato Richard Fariña: nato da madre irlandese e da padre cubano, emigrati negli anni Trenta, visse con loro a Brooklyn, a Cuba e nell’Irlanda del Nord. All’età di diciotto anni collaborò con i membri dell’IRA, ma subito dopo fu costretto a lasciare il paese. Fece frequenti viaggi a Cuba nel periodo in cui Fidel Castro controllava le zone montuose dell’isola con le sue unità guerrigliere, durante la guerriglia a Santa Clara e mentre l’esercito rivoluzionario entrava a L’Avana.
Visse a Parigi e Londra dal 1959 al 1963. Nel 1963 sposò Mimi Baez, sorella di Joan Baez, e tornò in California, dove portò a termine “Così giù che mi sembra di star su”. Spirito eclettico, inquieto, naturalmente carismatico, fu romanziere e drammaturgo, ma anche compositore e cantante folk-rock: Richard Fariña partecipò con la moglie al Newport Folk Festival e pubblicò ben due LP. Rimase ucciso in un incidente di moto il 30 aprile 1966 a Carmel, in California, due giorni dopo l’uscita di “Così giù che mi che mi sembra di star su”, tornando a casa dopo una festa per la pubblicazione del libro. “Long Time Coming and a Long Time Gone”, una raccolta delle sue opere, venne pubblicata postuma nel 1969.
La morte improvvisa di Richard Fariña arrivò all’orecchio di Thomas Pynchon come un fulmine a ciel sereno, tant’è che questi si rifiutò di chiamare l’ospedale per accertarsi che Fariña era davvero morto. Preferì invece chiamare un’amica dell’artista e con lei intrattenersi in una lunga telefonata fingendo che non era successo niente di irreparabile, che Fariña aveva giocato contro la morte per uscirne vincitore e poi rompere a tutti “i coglioni” con la sua storia, di lui che aveva visto la morte in faccia e non ne era rimasto vittima.
Richard Fariña evoca gli anni Sessanta con la fermezza con cui F. Scott Fitzergald catturò gli anni Venti; ci troviamo a dover fare i conti con un giovane anticonformista, Gnossos Pappadopolis, personaggio che, a costo di investire tutto sé stesso in un “buco nell’acqua”, mantiene un atteggiamento distaccato e imperturbabile di fronte all’atmosfera universitaria trepidante di manifestazioni e corruzione, soprattutto nel campus di Athene (cioè, Ithaca, NY, sede della Cornell). Gnossos si muove nell’Ithaca come un novello moderno Omero e raccoglie tutte le voci, le camuffa, le investe di poesia, le adultera per tradurle in un apparato affabulatorio originale, espressione massima di una società divisa che lotta però insieme, neanche poi tanto stranamente, per conseguire la sua propria indipendenza. Gnossos è psichedelico perché il mondo che lo circonda, il microcosmo che conosce e frequenta, è perverso da droghe, contaminato da donne facili e fatte. Poi c’è la preghiera che è come un canto agnostico, e ci sono pure i feticci, la demonologia, e la scienza, una miscellanea lisergica che non spiega “la strada” per comprendere sé stessi, ma che solo la racconta con toni omerici.
Come ha evidenziato giustamente Thomas Pynchon, il romanzo di Richard Fariña ha più livelli interpretativi: stratificazioni e piani di lettura s’intersecano e confluiscono in una linearità apparente; Gnossos non è Fariña, non è Mr Perfezione, non è un romanzo autobiografico. Gnossos non è l’Holden di Salinger, e non è il tentativo di somigliare a Kerouac, Ginsberg, Cassady, Burroughs. Gnossos è Gnossos e non accetta eredità sociali o culturali. E’ talmente anarchico da rifiutare addirittura di considerare l’anarchia come possibile spiegazione, o via di fuga, per disegnare sé stesso.
“Been Down So Long It Looks Like Up To Me” non è On the Road, è invece qualcosa di completamente diverso e per stile e per intenti. Siamo di fronte a un romanzo pregno di necessarie divagazioni, quasi tutte tese ad attribuire ad altre storie, ad altre eventuali trame, a possibili realtà in embrione, trasfigurazioni affabulatorie, “Così giù che mi sembra di star su” è moderna mitopoiesi omerica, quella che si lascia ascoltare e leggere perché racconta mille variazioni, sbornie, amori contrastati, lotte per un mondo migliore; in definitiva un viaggio che racconta Gnossos per disegnare una Itaca reale quanto realmente inventata. Impossibile tentare di assegnare un confine all’affabulazione di Richard Fariña: si finisce il romanzo con la sensazione che la storia è stata solo accennata e che è ancora tutta da “ascoltare”. Ci troviamo di fronte a un romanzo che è come una antologia di accadimenti: ogni brano è una storia a sé, ma ogni brano è anche elemento narrativo necessario che compone un costrutto omerico che, partendo dalla descrizione del microcosmo sociale, disegna il macrocosmo americano degli anni Sessanta.
Un romanzo da riscoprire, da comprendere, da non ignorare, romanzo che accoglie i prodromi di Fragole e sangue (The Strawberry Statement) del regista Stuart Hagmann. E con ciò è tutto detto, o quasi, perché la storia omerica di Richard Fariña la continuiamo noi che viviamo il tempo presente, i suoi miti e le sue contraddizioni.

Richard Fariña – Così giù che mi sembra di star su – Fandango – Traduzione di Maurizio Bartocci – Introduzione di Thomas Pynchon – € 16,50


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