Richard Matheson
E’ morto la scorsa domenica, 23 giugno, Richard Matheson (Allendale, New Jersey, 1926), scrittore e sceneggiatore la cui prolifica penna ha contribuito non poco a conferire una dimensione moderna al genere horror e fantastico, nell’ambito letterario come in quello cinematografico, in tale ultimo caso tramite le sceneggiature da lui scritte e la trasposizione di molti suoi romanzi e racconti per il grande schermo.Debuttò a soli 8 anni, con la pubblicazione sul Brooklyn Eagle, un giornale locale, di alcuni suoi scritti, per poi, ventiquattrenne, dare vita alla sua prima storia fantastica, Born of Man and Woman (Nato di uomo e di donna), edita dalla rivista specializzata Magazine of fantasy and Science Fiction.
Iniziano a delinearsi le caratteristiche innovative della sua scrittura: attingendo dal clima di paura ed angoscia conseguente al Secondo Conflitto, Matheson fa sì che il senso d’inquietudine, man mano sempre più vicino alla paranoia, s’insinui nel quotidiano, nella normale vita di ogni giorno, scatenato da qualche evento sfuggito al controllo dell’uomo o da collegarsi alla sua condotta, rendendo l’incubo ben calato nella realtà, con particolari molto definiti.
Prima dei più noti Occhi bianchi sul pianeta terra (The Omega Man, 1975, Boris Sagal) e Io sono leggenda (2007, Francis Lawrence), una valida trasposizione del romanzo, capace di rendere quel senso straniante e straziante di tragica apocalisse proprio della pagina scritta, la si deve ad Ubaldo Ragona con L’ultimo uomo della terra (The Last Man on Earth, ’64), una co-produzione Italia/Usa che comportava l’esistenza, oltre della citata versione italiana (con sceneggiatura firmata da Ragona e Furio M. Monetti), anche di quella americana, attribuita a Sidney Salkow, mentre lo script portava la firma di Logan Swanson, ovvero Matheson sotto pseudonimo, e di William F. Leicester.
La sua attività di sceneggiatore ha avuto esiti particolarmente felici nella collaborazione con la leggendaria Hammer Films, gli adattamenti di alcune novelle di Edgar Allan Poe per la regia di Roger Corman, iniziata con House of Usher (I vivi e i morti, ’60), nello script di 14 episodi della serie televisiva Ai confini della realtà (The Twilight Zone, la prima serie, ’59-’64) e nella sceneggiatura di Duel, tratta dal suo omonimo racconto, primo film diretto da Steven Spielberg, nato per la tv e poi ampliato per le sale: la storia di un automobilista braccato da un camion, di cui non vediamo mai il guidatore, rappresenta un positivo punto d’ incontro tra tematiche care ad entrambi gli autori, in primo luogo il tema del male che irrompe dall’ignoto nella vita dell’uomo comune.