Ricominciamo con Modiano Nobel per la letteratura

Creato il 12 gennaio 2015 da Tiziana Zita @Cletterarie

La Place de l’Étoile, il primo romanzo di Modiano, è stato pubblicato nel 1968 quando l’autore aveva 23 anni. Maurice Szafran, direttore del Magazine Littéraire, che allora aveva dieci anni di meno, dunque 13, dice che non si è mai ripreso da quella lettura che rispondeva ad alcune domande fondamentali che lo tormentavano. Da allora, leggere i libri di Modiano ha cambiato la sua vita.
Il giovane Patrick Modiano è molto bello, timido e venuto dal nulla. Al centro della sua opera c’è un nucleo doloroso, una ferita: l’abbandono da parte dei genitori, l’aver vissuto un’infanzia e un’adolescenza terribili. Ecco la sua storia.
Il padre, un ebreo di origine mediterranea – vissuto in Italia e in Egitto – che traffica col mercato nero, la madre un’attrice fiamminga, bella e seducente, si conoscono a Parigi durante l’Occupazione nazista.

Fino alla nascita del primo figlio, i due vivono nel lusso, grazie ai traffici di lui. Nel ‘49 comincia il periodo in cui Patrick e il fratellino Rudy vengono lasciati ad altri. Patrick ha quattro anni e Rudy due. Prima vengono lasciati a Biarritz alla balia di Rudy, poi per due anni vivono con un’amica della madre alla periferia di Parigi. La donna è coinvolta in un giro di contrabbando e nel ‘53 viene arrestata per furto. I due fratelli tornano a casa ma Patrick viene subito spedito in un collegio dalla disciplina militare. Il bambino soffre molto per l’abbandono e la totale indifferenza dei genitori. Poi nel ‘57 accade un fatto terribile. Il fratellino Rudy muore di leucemia. Rudy ha nove anni, Patrick undici ed è legatissimo al fratello che il suo più grande affetto. A lui dedicherà i suoi primi otto romanzi.

I genitori si separano nel 1960. La madre, al ritorno da una tournée in Spagna, trova il marito con un’altra donna, un’italiana bionda che ha vent’anni meno di lui. Continuano però a vivere nello stesso palazzo, in due appartamenti differenti, il padre insieme alla sua nuova amante. Il 1960 è anche l’anno della prima fuga di Patrick Modiano dal collegio.

Tutte queste notizie biografiche sono sparse qua e là nei suoi libri che sono un misto di autobiografia e invenzione. I suoi romanzi sono costruiti intorno a un protagonista assente. Un personaggio misterioso che lui tenta di mettere a fuoco, ma che resta sfuggente e inafferrabile. Siamo prigionieri dei luoghi in cui abbiamo vissuto, dice Modiano, e lui ne ripercorre le vie, ossessionato da quelli che ci hanno vissuto un tempo. Parigi, le sue strade, i caffè, gli annuari obsoleti, il suo catasto segreto sono pieni di gente che non c’è più. Lui è l’investigatore che cammina instancabile, rovista, annota, registra. Il suo terreno di caccia è la memoria.
Modiano resiste dolorosamente al tempo che nasconde l’orrore di Dora Bruder, una sedicenne deportata, ed indaga la sofferenza e l’indecenza di cui sono state testimoni case, caserme e vie della sua città. E’ ossessionato dal periodo storico dell’Occupazione di Parigi durante la guerra ed è consapevole che: “Altri, proprio prima della mia nascita avevano esaurito tutte le pene per permetterci di provare solo dei piccoli dispiaceri”.

Lui quel periodo non lo ha vissuto, ma in quell’universo di “carneficina e apocalisse” hanno vissuto i suoi genitori. Un periodo di grande decadenza morale. La sconfitta della Francia ha risvegliato la rivalsa dei marginali “come funghi che spuntano su un terreno marcio” dice Modiano. I suoi libri esplorano questo passato vergognoso, nascosto dalle pieghe dell’oblio. A lui non interessano né il presente, né il futuro: solo il passato conta. Vuole strappare all’oblio quei personaggi, ecco perché i suoi libri sono pieni di malinconia.

Raymond Queneau, amico della madre, lo aiuta a fare i compiti di geometria. L’incontro con lo scrittore è fondamentale perché Queneau lo introduce nella Parigi letteraria e gli presenta Robert Gallimard che pubblicherà il suo romanzo.

“La stella” che è nel titolo del suo primo romanzo, oltre che il nome di una piazza (La Place de l’Étoile), è quella che il padre ebreo a Parigi durante l’Occupazione tedesca, si rifiutava di portare ed è quello che la madre, attrice, sognava di diventare.

Nel 1968 quando esce La Place de l’Étoile viene accolto da un generale entusiasmo. Modiano riceve lettere di complimenti. La prima gliela scrive Bernard Pivot, il famoso critico letterario televisivo (e lui ancora la conserva, busta compresa) che poi lo invita nel suo programma.

Patrick Modiano con Françoise Hardy

In quel periodo Modiano conosce Françoise Hardy, che è all’apice del suo successo, e scrive testi di canzoni per lei e altre cantanti. Nel 1969 esce il suo secondo romanzo La Ronde de nuit (la ronda notturna). Ancora l’Occupazione (vedi la sua intervista). Patrick Modiano continua la sua opera di demolizione del mito di una Francia unanimemente “resistente” e lo fa anche nel 1973, quando Louis Malle gli propone di lavorare alla sceneggiatura del suo film Lacombe Lucien. Il film narra la storia di un uomo che vorrebbe raggiungere la Resistenza e che, come molti altri, finisce nei ranghi della Milizia, il corpo di polizia politica che collaborava con la Gestapo nella caccia agli ebrei e a tutti quelli che si opponevano agli occupanti nazisti. Quando il film esce, nel 1974, fa scandalo al punto che Louis Malle abbandona la Francia e si trasferisce negli Stati Uniti. I francesi non volevano vedere quel capitolo tenebroso della loro storia.

Nel 1978 Modiano vince il premio Goncourt per Via delle Botteghe Oscure: sì, proprio la via delle botteghe oscure romana, dove Modiano ha abitato per un periodo, ma il suo romanzo non ha niente a che vedere con l’ex sede del Partito Comunista Italiano.

Modiano vince il premio Goncourt con “Via delle Botteghe Oscure”

Quindicesimo Nobel francese, per 45 anni lo scrittore meno narcisista che ci sia, è stato ricompensato dalla fedeltà dei lettori che lo seguono e lo apprezzano ad ogni nuovo romanzo pubblicato. L’ultimo uscito nel 2014 è Pour que tu ne te perdes pas dans le quartier (perché tu non ti perda nel quartiere) di prossima pubblicazione con Einaudi.

Modiano con la moglie Dominique e le due figlie

Questo gigante timido  (è alto uno e novanta) è la bestia nera degli intervistatori. Incapace di mettere due parole in fila se ci sono più di tre persone, non è esattamente un tipo loquace. Comincia le frasi e non le finisce, fa delle pause, inizia altre frasi, è pieno di esitazioni. D’altro canto, come ha detto nel discorso del Nobel, un romanziere è cieco a proposito dei propri libri e i suoi lettori ne sanno più di lui. Più che parlare, il suo mestiere è scrivere e lui lo fa tutti i giorni, altrimenti si sentirebbe perduto. Dice che che navigando alla cieca, senza una direzione precisa, perderebbe il filo e andrebbe a fondo: “Io semino romanzi come quei sassolini bianchi che lascia Pollicino perso nell’immensa foresta”. La scrittura è la sua stella e da quando ha pubblicato il primo libro, non l’ha più abbandonata.


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