- Mammuth – 2010 - ♥♥♥♥ e 1\2 -
di
Benoît Delépine & Gustave de Kervern
Il sessantenne Mammuth (soprannome derivato dalla sua mitica moto anni ’70) è un uomo che ha dedicato l’ intera vita al lavoro e adesso giunto alla pensione vede la sua vita perdere ogni significato. Gli resta ben poco nelle sue nuove giornate senza lavoro oltre a potersi dedicare ad un puzzle di duemila pezzi, aiutare la compagna con le faccende domestiche e contare alla finestra le auto che passano. Ma gli si presenterà l’ occasione di poter ripercorrere le strade della gioventù in sella alla sua vecchia moto allo scopo di recuperare alcuni documenti per fini pensionistici in tutti i luoghi nei quali ha prestato servizio lavorativo da quando aveva sedici anni. I surreali registi francesi Benoît Delépine e Gustave de Kervern dopo averci già deliziati con la piccola chicca Louise- Michel, grazie ad un mastodontico Gerard Depardieu ci regalano un’ icona spesso dimenticata, quella del lavoratore instancabile, vittima del progresso, essere umano che ha dimenticato tutte le vere gioie del vivere soffocandole all’ interno dell’ alienante tran tran lavorativo. Grazie a un viaggio on the road i due registi accompagnano lo spettatore all’ interno di un mondo parallelo che all’ apparenza potrebbe risultare surreale ma che al suo interno ha toni decisamente fin troppo realistici e che è in grado di rappresentare perfettamente uno spaccato sociale che spesso annichilisce l’ uomo relegandolo ad una vita senza alcuna vera tessitura emozionale. E’ un pò quello che ha fatto Mammuth per anni, ha deciso di soffocare i suoi ricordi amorosi, la sua gioventù e di conseguenza la sua vita stessa sotto la triste routine di un frustrante lavoro ( in realtà di ben più di uno soltanto), che lo ha forse aiutato a non pensare a certi dolori e sofferenze del suo passato ma che adesso come uno tsunami sembrano inevitabilmente presentarsi davanti a lui. Con un’ unica soluzione: quella di viverli, affrontarli, metabolizzarli e infine risvegliarsi a una nuova realtà di vita senza rimpianti. Le riprese e la fotografia dai toni sgranati fanno di quest’ opera un vero esempio di cinema-arte ponendo i suoi protagonisti come delle vere e proprie installazioni sullo schermo che camminano su uno sfondo che, anche da solo, è comunicativo. Una sceneggiatura quella di Mammuth che sa essere al tempo stesso profonda e leggera e che si fa espressione di libertà umana come anche di sentimenti come la solitudine o la sconfitta. Il protagonista è infatti accompagnato per l’ intero suo viaggio dai fantasmi della sua memoria che lo aiuteranno a riconciliarsi con il suo presente e a mettere definitivamente un punto al passato. Un inno ad andare avanti nonostante le frustrazioni che quotidianamente la vita ci può proporre. Un invito a riconciliarsi con l’ essenza stessa della vita. E al tempo stesso un’ occasione per riflettere sull’ alienazione sociale che oggi il nostro mondo iper scandito dai ritmi lavorativi rischia di farci sperimentare.
( Il momento della partenza on the road)
( Cullato dai fantasmi del passato)