Nel giugno 2009, due mesi dopo la sua apparizione in una fattoria messicana, la H1N1 venne indicata dall’Oms come pandemia e come tale si comportò: in quattordici mesi –l’emergenza venne depennata nell’agosto 2010-, fece almeno diciottomila morti nel mondo. Gli studi, nel frattempo, avevano determinato che non si trattava di un virus esclusivamente porcino, ma che conteneva materiale genetico proveniente dall’influenza umana e da quella aviaria. Si era così potuto sviluppare un vaccino e combattere quell’emergenza che, nei primi giorni, aveva seminato il panico a livello internazionale. Ciononostante, la H1N1 ha dimostrato con il tempo un’alta capacità di mutazione e di resistenza alle medicine, situazione denunciata dalle stesse autorità dell’Oms che avvisano che la possibilità di una nuova pandemia è sempre presente.
La ¨gripe porcina¨, ossia l’influenza suina, ha contribuito a diffondere un’immagine negativa del Messico nel mondo. Non è un segreto che nel 2009 il turismo perse incidenza, situazione attribuita non solo al clima di violenza ma anche alle condizioni sanitarie del Paese. Solo quell’anno le perdite vennero calcolate in 3000 milioni di dollari. Da allora, si insiste molto sull’igiene e sul fatto che a livello governativo si è investito in campagne di prevenzione e di educazione alla salute.
Intanto, l’influenza ha ricominciato a viaggiare per l’istmo centroamericano. In Costa Rica, dove è riportata la situazione più grave, sono già quattro i decessi, mentre negli ospedali sono ricoverati tre pazienti; in Honduras i casi accertati sono due. Negli Stati Uniti, a differenza da quanto avvertito dall’Oms, si tende a minimizzare gli effetti di questa nuova ondata del virus. Secondo gli esperti del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) si sta assistendo ad un fenomeno normale, che può essere affrontato positivamente con un semplice vaccino. Una precauzione, questa, suggerita a quanti dovranno viaggiare in Messico nei prossimi giorni.