ricordi d'infanzia.......

Da Anella
Sono nata quando mia madre aveva già quarantacinque anni, quando aveva già  cresciuto altri quattro figli, quando era già stanca, quando la vita con mio padre si era già rilevata e lei aveva messo da parte qualcosa di se stessa per poter essere la buona moglie che lui voleva, quando aveva già paura di morire e i suoi sogni erano andati a farsi fottere fra panni da lavare e pranzi da preparare. All' inizio credette fosse la menopausa, poi un volere di Dio. Io e mia sorella Silvia la più vicina a me come età crescemmo senza nessun obbligo se non quello di stare in silenzio durante il telegiornale e di sederci composte. In estate trascorrevamo le giornate nel pieno ozio abbandonate a noi stesse e ai nostri giochi. Capitava che ci venisse affidato qualche piccolo compito come portre l' acqua fresca nei campi a chi raccoglieva i pomodori e lo facevamo con piacere perchè oltre a sentirci utili ci piaceva camminare a piedi nudi nei solchi della terra. In inverno avevamo la scuola che però non c' impegnava più di tanto, a parte questo sia in inverno che in estate la nostra vita era sempre la stessa, nessun particolare da ricordare a parte quel vento freddo e travolgente che ci accompagnava quasi tutte le mattine lungo il tragitto per arrivare a scuola e il caldo afoso in estate che non ci faceva respirare. Il ricordo di quel vento che soffiava così forte da rendere in nostro cammino una specie di lotta contro un mostro invisibile, il ricordo del nostro respiro affannato che faticava ad uscire... Quel vento mi è rimasto nell' anima, la sua velocità era tale da sradicare completamente alcuni alberi, la vista di quelle radici mi spaventava, mi apparivano come braccia tese verso il cielo. Ma lo stesso vento mi dava un senso di libertà infinita quando nelle giornate di primavera, spazzava via tutte le nuvole e mostrava un cielo azzurrissimo che in nessun altro posto ho avuto occasione di vedere. Cantavo malinconica canzoni inventate da me, e affidavo le mie parole al vento sperando che qualcuno le udisse. Ho insegnato anche a mia figlia ad ascoltare le storie che esso racconta. Dietro la nostra casa fredda e austera, c' era un capannine fatto di canne e il rumore che il vento faceva, intrufolandosi fra esse, mi teneva sveglia per delle ore, durante le quali, per distrarmi guardavo i mille giochi di luci e di ombre che i rami degli alberi facevano sul muro della mia camera con l' aiuto della luce della luna. Volevo essere una bambina coraggiosa, ma non mancava mai un pretesto per andare a nascondermi nel letto di mio fratello. La sua camera era la più fredda e buia della casa eppure il suo letto era così caldo che a nulla servivano i suoi calci per mandarmi via. Quando al mattino presto si alzava per andare a scuola, mi trasferivo nel letto di mia madre ma neanche li restavo a lungo. La seguivo al piano terra, dove lei preparava il caffè ed io cercavo di far rivivere il fuoco smuovendo gli ultimi ceppi lasciati accesi la sera precedente. Mio padre si alzava alle cinque del mattino, a volte lo sentivo scendere le scale, aprire la stalla, sintonizzare la radio su una stazione che trasmetteva musica classica e mi riaddormentavo tranquillizzata da quella musica. Il giorno piano piano s' intrufolava nella nostra vita, ma per me il trascorrere del tempo non aveva alcuna importanza, non sapevo che un giorno sarei diventata grande, non sapevo che quelle sarebbero state per sempre le mie radici, che tutto ciò che facevo avrebbe inderogabilmente condizionato tutta la mia vita futura. Nessuno si era preso il fastidio di annunciarmi che quello che mi passava fra le dita era la mia vita. Di sera d' estate tornava quella lieve tramontana, mi sentivo sola in quelle ore della giornata, ma la freschezza di quel vento sulla pelle mi rendeva allegra ed ero capce di correre per delle ore a perdifiato cercando di scacciare quei brividi. Credevo fosse colpa del vento, solo dopo ho scoperto che la pelle d' oca non dipendeva dal freddo ma dalle sensazioni che c' erano dentro di me...

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