“Ricordi di poesie”, silloge di Rosario Tomarchio – recensione di Cristina Biolcati

Creato il 01 agosto 2013 da Alessiamocci

Ricordi di poesie” rappresenta la terza raccolta poetica del giovane scrittore siciliano Rosario Tomarchio. Dopo la “Musica del silenzio“, pubblicata da Statale 11 nel 2010, raccolta di poesie giovanili e “Storia d’amore” di Aletti Editore nel marzo del 2012, dove l’amore viene cantato in tutte le sue espressioni, ecco giungere l’opera della maturità.

Attraverso la poesia l’autore racconta un amore più concreto, che va dal tenero sentimento per le persone care, a quello più sensuale che si esprime nel ricordo. La nuova pubblicazione è edita dalla casa editrice Edizioni DrawUp, nella sottocollana Oubliette. Il poeta sembra prendere coscienza della presenza dell’amore ovunque sulla terra e la sua poesia diventa atto comunicativo nel momento in cui ne realizza il concetto.

L’opera, dedicata ad una bambina, “alla piccola Annamaria”, si compone di 31 poesie, aventi come tematica l’amore, per le persone care, per un ricordo, per la natura. La lirica d’esordio è All’ombra del tuo amore, dove il poeta si propone di ringraziare una figura di donna che lo ha tanto amato e alla quale deve tutto.

Eccomi nonna seduto sulla tua bianca pietra / all’ombra del tuo amore eterno per me”. Dove per “ombra” s’intende un rifugio, riparo da tutte le esperienze negative che purtroppo la vita ci sottopone. Il grande sentimento cristiano dell’autore pervade l’intera opera, come quando egli si rivolge Alla mamma celeste, chiedendo di prenderlo per mano, di confortarlo dal dolore, di sostenerlo.

“Con te non posso vacillare” è la certezza che gli dà la sua fede. L’amore che muove tutto per Tomarchio, confluisce in un tipo di sentimento diverso, quasi carnale. “Non scorderò mai i tuoi baci / il fruscio delle lenzuola / di seta che avvolgevano e / disegnavano il tuo corpo”. Un ricordo di gioventù, A donna Ester, che non ha avuto lieto fine, e si mescola al ricordo della morte, di questa donna “portata via crudelmente da questa vita”.

L’autore rievoca immagini e versi leopardiani, che pongono in evidenza un sentimento di solitudine di fondo, quello dell’essere poeta col “cuore che batte per ogni rima”. Come per esempio in Poesia: “Una parola non detta / un’emozione raccolta al volo / come un fiore raccolto / nel giardino della vita”. Parole che si ripetono ed esercitano il loro fascino creando figure retoriche. Ricordi di tempi andati, profumi, odori che rievocano episodi di vita. L’Etna viene descritto come una “nobile donna di bianco vestita”, ed esprime tutta la sua bellezza pur rimanendo forza distruttiva per l’essere umano.

Singolare è la concezione che il poeta ha del mare, visto come “specchio della mia anima /…ti agiti nel silenzio / e nel silenzio risciacqui la mia mente”. La donna è sempre cantata come essere fragile, delicato, immersa in profumi, circondata da fiori. In Donna amata si legge: “Donna in te c’era il tutto e il niente / il sì e il no / l’amore che muove il mio cuor / e per te vive”. Una donna angelica, vista come musa ispiratrice, che ha sapore d’altri tempi agli occhi del poeta. Come si evince nella poesia Cristina: “Tu sei l’angelo della notte / che ti dà la buonanotte e porta in cielo / tra le stelle i sogni più belli”.

Ricordi che si fondono e creano una visione di vita. Pensieri nei quali le persone rivivono, il passato ritorna. “Ricordo un uomo vivo e morto / morto nell’anima e nel corpo / morto per un male senza tempo”. La nebbia rappresenta per il poeta ciò che nasconde le bellezze di questo mondo, ma allo stesso tempo, anche ciò che ne cela la cattiveria.

Il poeta si sente come una foglia portata via dal vento e, nella precarietà della vita, egli riesce a trovare la pace soltanto nella potenza della sua lirica, nell’illusione che dona la poesia e lo fa sentire un “re”.

In La solitudine delle idee si legge: “Con la solitudine delle idee / me ne sto nel sacro recinto / al sicuro dei colpi / di mamma natura / Solitario ma non solo…”. Un discorrere, visto come “trionfo” delle parole, che può essere trionfo di morte così come d’amore; perché nella poetica di Tomarchio non vi sono opposti che si attraggono, ma tutto rimane possibile, poiché facente parte del regolare ciclo della vita e della natura.

La luna, “mamma della notte”, guida i passi del poeta, gli fa accettare serenamente il suo destino, il “tramonto del sole sulla sua vita”. L’opera si conclude con la poesia Alessia, in cui il poeta chiede: “Tu che mi leggi e mi giudichi / non essere pietosa ma giusta. / Oh giovincella cara, se un giorno troverò riposo / all’ombra del cipresso / ricordati di me / che fui gentil poeta”. Licenze poetiche, figure retoriche, profumi, ricordi. Un poeta maturo che guarda oltre, e riesce ad immaginare il suo futuro.

Perché la mente ricorda tutto, e da lì parte per “ricostruire” la vita.

Written by Cristina Biolcati


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