Ricordo di Mario Dondero, fotoreporter che inseguiva la vita

Creato il 14 dicembre 2015 da Gaetano63
«Ho sempre tentato di inseguire la vita dovunque si spostava. Dovunque si creava qualcosa di nuovo, di interessante, di vitale e creativo ho sempre cercato di esserci. Credo che il mestiere del reporter sia anche questo». Spiegava così la sua passione per la fotografia, che poi era anche il suo lavoro, Mario Dondero, classe  1928, milanese ma di origini  genovesi, morto domenica a Fermo all’età di 87 anni.  Partigiano in Val d’Ossola, poi giornalista e  fotoreporter, aveva collaborato all’inizio degli anni Cinquanta con diversi quotidiani e periodici. A Milano era legato ai cosiddetti “giamaicani”, una cerchia di artisti frequentatori del bar Giamaica. Poi il trasferimento a Parigi,  dove ha scattato una delle sue foto più celebri: il gruppo degli scrittori del Nouveau Roman  nell’ottobre del 1959 davanti alla sede dell’Editions de Minuit. Considerato una delle più figure più originali del fotogiornalismo mondiale contemporaneo, Dondero ha immortalato  personaggi illustri e gente comune. Ma è stato anche su vari fronti di guerra con intensi reportage e laddove vi fossero storie da raccontare. Sempre in giro per il mondo, instancabile vagabondo, non era interessato alla tecnica — a Cartier-Bresson preferiva Capa — ma al contenuto. Per lui una buona foto non era quella dalla composizione ed esposizione perfette («troppa estetica uccide la verità»), ma quella da cui s’intuiva «una scintilla di indignazione e di solidarietà». Gli interessavano le persone, le loro vite. Non si preoccupava di cogliere l’attimo destinato a diventare icona, tuttavia aveva la capacità di restituire unicità anche a un’immagine apparentemente insignificante. Fino all’ultimo non ha abbandonato la pellicola. Il digitale, diceva, non ci fa più pensare. Mario Dondero non amava le mostre, ma chi ha avuto la fortuna di visitare l’ultima grande retrospettiva a lui dedicata di recente  a Roma, ha potuto  apprezzarne lo sguardo limpido, la spinta morale, la grande umanità. Quella stessa che cercava nelle persone che fotografava.  (gaetano vallini)
(©L'Osservatore Romano –  13  dicembre 2015)

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